DOVE SONO I PADRI MANELLI E PELLETTIERI
Nella puntata di mercoledì 7 ottobre 2020 di Porta a Porta, fruibile ancora su Rai Play, c’è un servizio sul caso Becciu al 44’ dalla sigla iniziale. In questa sede non entriamo nel merito del cardinale indagato dalla giustizia vaticana e che “a pelle”non aveva mai suscitato simpatia. Ci soffermiamo piuttosto sui propositi di Camillo Langone, uno degli invitati di Bruno Vespa alla trasmissione, accanto a Marco Tarquinio, Massimo Franco e Antonio Spadaro. Al 58’ del programma interviene il Langone, non per allinearsi pertinentemente al tema che si sta trattando, ma per accusare Papa Francesco di “decapitazione dei Francescani dell’Immacolata” di cui – secondo lui – “non si sa dove siano i fondatori”. Immaginiamo da dove derivi l’interesse strumentale e polemico alla vicenda commissariale innescato dal Langone, ma il nostro si sbaglia clamorosamente quando dice che si ignori la residenza dei fondatori. P. Stefano Manelli infatti è formalmente assegnato da qualche annetto al convento di Albenga, nella cui diocesi regnava il suo vescovo amico Mario Oliveri dimesso dal Vaticano il 1 settembre 2016.Mons. Oliveri si macchiò di gravi irregolarità nel governo della Diocesi ligure diventata con il suo seminario – successivamente chiuso – l’alcova dei preti e seminaristi omosessuali d’Italia e dintorni. Il Commissario Pontificio don Sabino Ardito, stanco delle inadempienze e pressioni esterne del fondatore FI, trasferì nel 2016 il Padre Manelli ad Albenga, presso la Casa Mariana Nostra Signora di Pontelungo che prende il titolo dall’omonimo santuario di Viale Pontelungo al numero civico 89. A questo trasferimento seguì nel 2018 la disposizione del Vaticano di non allontanarsi senza motivo, in coerenza con le lamentele del Manelli stesso sui suoi problemi di salute come scusante per non andare a Roma per incontrare il Commissario e i Superiori del Dicastero per i Religiosi. La richiesta di stabilità era anche dettata dalla necessità di limitare i contatti con i monasteri e i conventi di religiose donne in Italia dopo le numerose denunce di abusi che portarono ad un’istruttoria del Tribunale di Avellino attraverso i Carabinieri di Mirabella Eclano. Come ho avuto modo di constatare di persona, non solo il Manelli continua a viaggiare sulla sua berlina con autista, ma trascorre lunghi soggiorni presso le ex suore dell’hotel Abbazia di Frigento (AV) e nel monastero delle Clarisse dell’Immacolata di Creazzo (VI) dove, secondo testimonianze raccolte, ha esatto la stanza accanto a quella della badessa vicentina a cui era tanto affezionato. Mi è capitato nella mia inchiesta di chiedere ad Albenga di P. Manelli, sia per telefono che attraverso un mio vicino di casa di fiducia. I frati rispondono con malcelato imbarazzo che il “vicepadreterno Manelli”, da loro denominato “padre comune”, non c’è e che non sanno dove sia. Questa prassi, oltre a liquidare l’interlocutore, da’ ogni volta l’impressione di una reclusione del padre (comune) alimentando la dietrologia della persecuzione vaticana ai suoi danni. Nulla di più falso. Una fake news, come direbbe Trump.
Quanto al co-fondatore P. Gabriele Pellettieri da anni è stato assegnato alla Casa Mariana “Madonna dei Boschi” di Monghidoro (BO). È da premettere che il Pellettieri stesso chiese un luogo ameno rifiutando altresì qualunque incarico di responsabilità o di mediazione per una soluzione della crisi dell’Istituto, sia con P. Volpi che con don Ardito. Il Pellettieri ha delle gravi responsabilità di omissione e se oggi un P. Pietro Luongo è imputato in un processo penale per la questione delle associazioni off shore del Manelli è per la viltà del Pellettieri: “non voglio andare in Tribunale, fate presidente un altro”, mi riferiva di lui un frate attribuendogli i summenzionati propositi. Il Pellettieri è un discepolo degno della paternità del Manelli che fa andare sotto processo un suo figlio perché di fronte a prevedibili conseguenze penali per i vertici dell’associazione, teme la perseguibilità giudiziaria. Da presidente si dimise e inserì al suo posto un ignaro fraticello che ha passato i suoi guai. Un coraggio degno da martire.L’autorevolezza morale del cofondatore Gabriele Pellettieri avrebbe sin da subito potuto rappacificare frati, suore e laici messi in agitazione dal delirante e arrabbiato Manelli, ma sappiamo che purtroppo si perdono appuntamenti importanti con la storia, con la vita e con l’eternità. Confesso a Dio Onnipotente e a voi fratelli (e sorelle) che ho molto peccato in pensieri, parole, opere e … omissioni!La residenza e le azioni dei fondatori quindi sono arcinote. Bene e molto bene ha fatto il Papa nel misconoscere il loro carisma personale. L’eventuale dono ricevuto dallo Spirito Santo per fondare un Istituto religioso va consegnato alla Chiesa. È la Chiesa che lo approva, lo riconosce e, se necessario, lo corregge. Non era rimasto più nulla di kolbiano all’interno della compagine di frati e suore nell’ultimo quinquennio pre-commissariale a causa della “mutazione genetica” della spiritualità del Manelli. Male, molto male ha fatto il Pellettieri nel seguire il Manelli nella strada della monasticizzazione filo-lefebvriana. Quella nuova linea si rivelò un disastro. Il Pellettieri ne dovrà a sua volta rispondere davanti a Dio. Mi è stato detto che i frati si vergognano dei fondatori e che li sconfessano. Verosimile che sia, il recente sfratto del Manelli agli studenti del seminario di via Boccea è un’ulteriore dimostrazione del suo cinismo.Ci si interroga tuttavia sulla condizione psichica e spirituale di quest’ultraottuagenario. I frati dicono che vedevano poco e niente P. Stefano Manelli in cappella. Mangiava da quasi trent’anni cibi succulenti preparati appositamente per lui. Nella sua stanza in inverno c’era sempre il riscaldamento a manetta e in estate andava a rinfrescarsi a Frigento con tutta la sua famiglia tribale. Se qualche persona chiedeva di confessarsi con lui dopo un viaggio di centinaia di chilometri gridava dicendo che “doveva scrivere”. In maniera furtiva si recava presso le suore e con esse condivideva la mensa. Secondo testimonianze scritte le introduceva nella sua stanza all’interno dei conventi femminili e si dava ad amplessi giustificandoli come manifestazioni di misticismo. Si faceva intestare case e conto correnti dai frati, suore e loro familiari e quando non riusciva a piegare la loro volontà ricorreva alla falsificazione testamentaria con l’uso abile dello scanner e di programmi di fotocomposizione informatica. Un gangster vestito da frate. Un mezzo uomo con la maschera.
Camillo Langone non sa di cosa parla e chi difende. I Francescani dell’Immacolata sono ben contenti dell’intervento della Chiesa sul loro Istituto religioso e della rimozione del P. Manelli da superiore. “I pochi fanatizzati ideologizzati che da mediocri erano stati assurti a posti di responsabilità per la garanzia di totale sudditanza al loro fondatore – benefattore, non rappresentano l’Istituto”, mi ha detto più volte un frate con molta naturalezza e convinzione. Gli stessi manellisti, del resto, non si riconoscono più nei Francescani dell’Immacolata e cercano nuovi spazi sotto una nuova denominazione. La mera accoglienza canonica è complicata e poco interessante anche per i vescovi più disperati per scarsità di clero.La temerarietà arrogante di P. Manelli e la sua avidità con la distrazione del patrimonio stabile dell’Istituto non è un buon biglietto di presentazione. I vescovi sanno bene che fino a quando il Manelli non cambia registro, è una polveriera che può farli saltare e quantomeno screditarli. Da fonti affidabili sappiamo che cercano una collocazione canonica nelle Marche e in Toscana, dopo il fallimento di Lazio e Campania. C’è anche il disperato tentativo di qualcuno della richiesta d’incardinazione all’estero, in piccole diocesi dell’Est europeo a trazione sovranista: Dio li fa e poi li accoppia. Una brutta storia e una brutta fine quella del Manelli e dei suoi uomini e donne. Quanto a Camillo Langone, possiamo semplicemente definire una figuraccia la sua apparizione in TV, infatti Bruno Vespa non lo ha fatto più intervenire e sembra che i personaggi di questa corrente ecclesiale tradizionalista, abbiano perso ogni credibilità nello spazio pubblico mediatico e non.Il fatto che il Langone collabori con il “Il Foglio”, infine, rivela anche la parabola discendente di unquotidiano che per la qualità della carta può rendersi utile nei bagni pubblici.
MLC
STEFANO MANELLI E LA TRACOTANZA
Stefano Manelli chiede le dimissioni o è dimissionato dai Francescani dell’Immacolata?
Ci giunge voce di una possibile uscita dall’Istituto dei Frati Francescani dell’Immacolata di P. Stefano Manelli.
L’anziano religioso, ostinato nella sua disobbedienza alla Chiesa, lascia ormai la barca dell’Istituto da lui fondato e abusato?
Testimonianze attendibili parlano di divisioni interne all’ammucchiata di uomini e donne messi insieme dal Manelli con una parvenza di religiosi.
Essi si notano grazie a una divisa indossata e che volutamente è confezionata in un colore e in una foggia molto vicina a quella legittima dei Francescani dell’Immacolata, frati e suore.
Reso prigioniero dal suo orgoglio e dalla presunta infallibilità di schemi superati, il Manelli ha reintrodotto tra le sue adepte, con ruolo di governo, l’ex superiora generale, la signorina Letizia Cozzolino, già Sr. Maria Michela Pia della Divina Volontà e del Cuore Immacolato e Addolorato.
L’iniziativa ha turbato alcune ex religiose che, malgrado i buoni auspici del suo lungo e litanico nome, già non stimavano la loro superiora e quindi la sua volontà… poco divina e il suo cuore che … addolorava le altre!
Credevano di aver trovato pace nella nuova ammucchiata laicale confidando in un riconoscimento successivo come istituto religioso di diritto diocesano e si sono invece ritrovate al punto di partenza: come prima, peggio di prima.
Il vescovo di Manfredonia-San Giovanni Rotondo ormai non vuole più queste laiche associate con abito e velo da suore.
Tutte si sono quindi ammassate presso l’Hotel Abbazia di Frigento dove il Manelli soggiorna credendo di passare inosservato e sfidando l’obbedienza pontificia impostagli di non andare nei conventi femminili.
Nell’Abbazia Hotel ha celebrato i riti privati e senza valore canonico di vestizioni e professioni di ignare e ingenue donne reclutate da un’asfissiante forma di proselitismo già collaudata:
“Il fumo di Satana è entrato nella Chiesa, tutti i religiosi sono rilassati, papa Francesco è un massone, P. Manelli è un grande santo, solo da noi c’è salvezza, se quindi non entri da noi vai all’Inferno e la tua famiglia passerà tanti guai…” Questa è solo una delle promesse messianiche che donne fanatizzate attribuiscono al loro fondatore Manelli.
Mons. Pasquale Cascio, arcivescovo di Sant’Angelo dei Lombardi-Conza, Nusco e Bisaccia, tollera questa presenza ambigua per donabbondismo sotto le incursioni – come da lui stesso candidamente confessato – di P. Settimio Manelli, l’arrogante nipote del fondatore.
E’ controversa anche la “cappella cimitero della famiglia Manelli” per la presenza delle tombe di Settimio e Licia Manelli nel luogo dove venne rinvenuta sotto terra nel 1920 la miracolosa icona della Madonna del Buon Consiglio.
Settimio e Licia sono i genitori di P. Stefano Manelli per i quali il fondatore imbastì un processo-farsa di canonizzazione.
Grazie ai suoi presuli protettori e al generoso portafoglio, dei soldi dei devoti, Stefano Manelli riuscì a far avere ai suoi genitori il titolo di “servi di Dio”.
A Frigento il Manelli voleva costituire una cooperativa per celebrare la sua famiglia e sistemarla per bene creando un indotto economico da movimento di fedeli visto che dispone intanto di due hotel: “Abbazia” e “Oasi di Padre Pio”.
Profittando della sofferenza di chi non può avere figli, il Manelli raccomandava di rivolgersi ai suoi genitori che di figli ne hanno concepiti ventuno e che oggi occorre mantenerli, insieme ai numerosi nipoti e pronipoti…
Il 2 agosto 2020, intanto, in occasione del 50° anniversario di “Casa Mariana” di Frigento, il Manelli era completamente assente alle celebrazioni.
A presiederle è stato il Commissario Pontificio don Sabino Ardito e il Delegato per l’Italia P. Alessandro Calloni.
Un fossato morale sempre più profondo esiste ormai tra P. Stefano Manelli e i Frati Francescani dell’Immacolata in un reciproco non riconoscimento.
Benché a Frigento esistano ancora un paio di frati nostalgici del fondatore, tra cui il rettore filippino, non sono riusciti a mettere a segno una sua presenza celebrativa in santuario.
Questo conferma anche il depotenziamento totale del Manelli sul piano formale, oltre che informale.
Una delegittimazione ecclesiale.
Poiché il Manelli sopravvive ormai solo per un consenso di alcuni fanatizzati, il timore di eventuali discorsi omiletici di denuncia su di lui, così come già accaduto al controverso convento di via Boccea, in occasione delle professioni dei frati, ha portato a un sospettoso oscuramento dell’emittente televisiva TRBC proprio durante la presenza dei legittimi superiori a Frigento per le celebrazioni del 2 agosto 2020.
Questo è quanto ci riferisce un frate informato sui fatti…
Con beneficio di inventario, artefice ne sarebbe tale P. Emmanuel Maria D’Aulerio, definito “il santone” di Frigento, per il modo affettato con il quale celebra la Messa.
Abbiamo avuto modo di verificarlo e in realtà siamo rimasti effettivamente molto perplessi.
Ci dicono che da oltre un decennio questo sacerdote abbia la sindrome da palcoscenico televisivo e che quindi abbia in realtà celebrato se stesso fingendo di celebrare il Manelli per continuare a rimanere al suo posto e a nutrire il suo disturbo di personalità. Ci dicono anche che sia capace a fare sabotaggi all’emittente.
Noi, per quel poco o per quel molto, abbiamo notato che non scandisce bene le parole e sembra che sia depresso, segno di una difficoltà a relazionarsi con gli altri a viso aperto. Con una formula catastrofista e imparata evidentemente a memoria, chiede soldi per la televisione a un pubblico che riteniamo di povere vecchiette, visto il format dell’emittente con poco appeal per un pubblico di giovani e adulti di media cultura.
Questi soldi, però, rimpinguano le ricche casse dell’associazione presieduta dall’avv. Bruno Lucianelli (il fiduciario del Manelli) e sulla quale c’è un processo civile e penale in corso per le modalità di sottrazione ai Francescani dell’Immacolata. I frati infatti non vedono nulla…
Questo P. Emmanuel crediamo sia ormai giunto “ai titoli di coda” ipotecando sempre più per sé stesso un avvenire fosco sul piano umano e religioso.
Domenica 16 agosto 2020 i Frati Francescani dell’Immacolata hanno intanto celebrato l’ultima S. Messa a Boccea prima di lasciare la parrocchia S. Maria di Nazaret.
Il Manelli vuole affidare il complesso di via di Boccea, 590 all’ammucchiata degli uomini della sua rifondazione.
Con questo gesto si autosodomizza perché esplicita la sua ostilità all’Istituto da lui stesso fondato.
Contrariamente a quanto i nuovi abusivi presidenti laici delle associazioni “Missione del Cuore Immacolato (Alfonso Saviano) e Missione dell’Immacolata (Bruno Lucianelli) hanno sempre dichiarato e cioè che le associazioni continuano ad agire per l’interesse dei frati, questa volta è flagrante il danno e il dolo verso i Frati Francescani dell’Immacolata.
Stefano Manelli non è più padre dell’Istituto.
È un traditore.
È una persona che ha tradito l’ideale del francescanesimo di povertà.
Ha tradito l’ideale di obbedienza al Papa.
Ha tradito quel modello di vita religiosa che faceva professare ai suoi religiosi.
Ha tradito la castità.
Ha tolto la maschera ed il re è nudo.
È evidente che il Manelli non si sente più parte integrante dell’Istituto e voglia uscirne fuori magari chiedendo, come forse il cofondatore P. Gabriele Pellettieri, di fare “da cappellano” in qualche monastero… femminile.
Altri teorizzano ancora che il Manelli voglia evitare un processo canonico anticipando la sua uscita dall’Istituto e sottraendosi a un’obbedienza che rischia di essere per lui adeguatamente correttiva.
A 87 anni suonati non si capisce bene se sia solo una vergogna, solo un fallimento o entrambe le cose.
Salvo ulteriori sviluppi, il bus del carrozzone manelliano è arrivato a capolinea.
“Fine corsa, signori si scende”.
M.L.C.
LA MARCIA SU ROMA DELLA SETTA MANELLIANA
Padre Stefano Manelli vuole disporre per fine agosto 2020 del complesso conventuale di via Boccea, 590 per insediarvi religiosi fuoriusciti dai Francescani dell’Immacolata insieme a suoi nuovi adepti che continuano a seguirlo nella sua visione sul mondo e sulla Chiesa in contrasto con il pontificato di Papa Francesco e il Vaticano II.
Non posso tacere alle confidenze ricevute da un Frate Francescano dell’Immacolata perché “cercare la giustizia con fame e sete, questo è santità”.
La storia
Nel 2006 i Frati Minori della Custodia di Terra Santa decisero di lasciare la parrocchia Santa Maria di Nazaret e il loro collegio nel quartiere di Casalotti in via Boccea, 590.
Il mantenimento della grande struttura e l’impegno pastorale erano infatti sproporzionati alle nuove esigenze di apostolato e all’organico dei religiosi della Custodia concentrata soprattutto in Medio Oriente.
I Frati Francescani dell’Immacolata rilevarono i luoghi e la parrocchia grazie all’accoglienza dell’Ordinario del luogo, Mons. Gino Reali vescovo della diocesi suburbicaria di Porto Santa Rufina.
La stessa diocesi stipulò un contratto di comodato d’uso degli ambienti a titolo gratuito.
L’ecletticità dell’allora Fondatore e Ministro Generale Stefano Manelli avvicendò cinque parroci in sei anni di cui il nipote Fra’ Settimio Manelli fu impegnato per due mandati discontinui: guardiano, rettore e parroco.
Da zelante pastore e con creativo senso ecclesiologico, il Manelli jr. durante la Settimana Santa lasciava la parrocchia con il carrozzone dei suoi studenti e svolgeva i sacri riti presso la casa contemplativa delle Suore Francescane dell’Immacolata a Città di Castello (PG).
In quel momento ivi convergevano i tradizionalisti dell’asse Umbro-marchigiano per assistere il Venerdì Santo al teatrino in chiesa del catafalco e delle tamburellate per rappresentare il terremoto dell’Ora Nona.
In quel monastero degli orrori dove la Suor Maria Francesca Marcella Perillo si faceva flagellare a sangue e marchiava a fuoco il petto delle consorelle si recavano e si firmavano nel registro come visitatori e conferenzieri personaggi come Mons. Bernard Fellay superiore generale della Fraternità San Pio X (Lefebvriani) e il prof. Roberto De Mattei (nobiltà nera romana).
Ad inizio 2013 i Frati Francescani dell’Immacolata acquistarono l’ex Collegio di Terra Santa di via Boccea, 590 perché la situazione in Iraq e in Siria sollecitava liquidità ai Frati Minori della Custodia di Terra Santa per sovvenire a rifugiati e disastrati di guerra.
I Frati Minori proprietari non potevano tenersi un grande immobile a Roma in ozio redditizio e ne sollecitavano l’alienazione.
Il Padre Manelli all’inizio non era molto entusiasta dell’acquisto perché nel frattempo aveva sistemato gli studenti a Sassoferrato in un conventone sempre dei Frati Minori di cui l’allora padre Provinciale Ferdinando Campana, Provinciale delle Marche, non vedeva l’ora di affibbiarlo a qualche ingenua congregazione che avrebbe allievato la spesa manutentiva e ovviato il danno da prevedibile disuso.
L’Istituto dei Francescani dell’Immacolata era all’epoca in piena tridentinizzazione e dopo l’infelice convegno contro il Vaticano II del dicembre 2009, aveva innestato progressive retromarce mettendo l’acceleratore a tavoletta nel 2011.
Le Figlie di Maria Ausiliatrice della vicina università AUXILIUM di Casalotti avevano offerto formazione ai numerosi studenti e qualche monsignore avveduto si chiedeva come mai a Roma gli studenti dei Frati Francescani dell’Immacolata non andassero in una delle tante Università pontificie per una cattolica formazione al sacerdozio.
Manelli si intimorì, anche perché lo studio interno denominato S.T.I.M., chiuso “per volontà del Santo Padre”, non aveva una vera e propria struttura accademica, un corpo docenti decente e sufficiente, affiliazioni con facoltà in grado di rilasciare diplomi di laurea e soprattutto i permessi canonici affidati a un decreto degli anni Novanta ad experimentum del fu Mons. Antonio Forte, vescovo di Avellino, per il convento di Frigento (AV).
“Il Padre Comune” così si decise per la minore visibilità dello STIM nelle Marche dove la coppia Manelli jr. rettore e fra Paolo Siano vicario, marcarono l’apice della paranoia sul complotto pluto giudaico bolscevico massonico all’interno della Chiesa. Il primo a cadere sotto la mannaia della censura fu “L’Osservatore Romano”. In refettorio, al posto del Papa e del Vescovo, campeggiava il ritratto del “Padre Comune” Stefano Manelli con lo scudiero “Gabriele Pellettieri”. Due “semidei” onnipresenti come i ritratti dei tiranni.
La casa generalizia sita a Rocca di Papa stava però venendo a pezzi, anzi era stata messa in vendita, ma il Manelli con il suo fido avvocato Bruno Lucianelli, non si accontentò di mezzo milione di euro, ne voleva uno tutt’intero.
Da premettere che quella casa di via Palazzolo, 2 venne ceduta all’istituto dei Francescani dell’Immacolata da suore di una Congregazione locale fattesi anziane e che la lasciarono a condizione che rimanesse casa religiosa e non oggetto di asta immobiliare.
Nel tira e molla della negoziazione, in piena crisi del settore case, il padre padrone Manelli si decise di acquistare il complesso di Terra Santa di via Boccea, 590 a Casalotti.
Fino al 2013 tutti gli immobili dell’Istituto e le opere, appartenevano all’Associazione “Missione dell’Immacolata” con sede a Frigento (AV).
Il portafoglio dell’Associazione era talmente pieno di beni che la suora Consiglia Carmela De Luca consigliò (nomen omen) di non appesantirla troppo e di creare un’altra associazione ad hoc.
Questo rivelerà due cosette: la prima è l’ingerenza e il totale dominio delle suore dell’Immacolata nelle attività anche economiche dei frati, essendo la suora De Luca l’economa generale a vita.
La seconda cosa, un po’ più birbante, è la debolezza che avesse questa suorina per il superiore di Benevento, stimato “per come celebrava il rito tridentino”. La seconda associazione di cui stiamo parlando, infatti, creata appositamente per il complesso di via Boccea, ha la sua sede a Benevento dove P. Pietro Luongo, imputato con Maurizio Abate (P. Bernardino) e Stefano Manelli al processo penale per frode e falso ideologico, era padre guardiano! I conti tornano.
In quel di Benevento, inoltre, P. Manelli ha molti seguaci: figlie spirituali che invita ad avere tanti figli da mettere in convento; vecchie signore nubili dalle quali farsi prestare automobili e intestare terreni ed appartamenti; preti “leporini” della lobby gay in servizio alla Segreteria di Stato Vaticana per le protezioni e last but not least, un manipolo di tradizionalisti come il prof. Corrado Gnerre, uno dei tanti illusi che crede di essere più cattolico del Papa.
Il nome dato all’Associazione è “Missione del Cuore Immacolato”.
Di questa associazione facevano parte sei Frati francescani dell’Immacolata. Così come per l’Associazione “Missione dell’Immacolata”, solo i religiosi potevano esserne soci sotto il veto finale decisionale del Superiore Maggiore dei Frati Francescani dell’Immacolata.
La nascente e nullatenente associazione venne nel febbraio 2013 alimentata da bonifici in provenienza fattuale dei Frati Francescani dell’Immacolata. La neonata associazione aveva il conto corrente all’Unicredit di via dei Rettori a Benevento.
Con due assegni circolari di suddetta banca si pagò il complesso di via Boccea per 2.700.000 euro e ivi si trasferì la Curia Generalizia.
La negoziazione, stando alle testimonianze, venne fatta con P. Ferrario l’allora delegato per l’Italia della Custodia. Suor Consiglia De Luca, ricorda il frate minore, tentò anche di far dichiarare un prezzo inferiore, ma stavolta non ci riuscì così come era invece successo pochi anni prima per l’hotel “L’Abbazia” di Frigento, dove continua a nascondersi il P. Manelli credendo che nessuno sappia il suo segreto di Pulcinella.
C’è da chiedersi a questo punto perché tutte le temporalità dei Francescani dell’Immacolata venissero intestate a delle associazioni pubbliche di diritto privato.
E’ presto detto.
Manelli nelle sue fantapoesie faceva credere che questo significasse vivere secondo povertà francescana.
In realtà i frati e le suore si ritrovavano ad essere soci proprietari di beni da decine di milioni di euro!
Manelli persino nel suo commento alla “Traccia Mariana di Vita francescana”, un testo spirituale sulla vita religiosa privo di linguaggio canonico e da lui per primo non osservato, dichiara che i soci devono essere sempre frati e suore con i rispettivi economi generali come referenti.
L’11 luglio 2013 i Frati Francescani dell’Immacolata vengono commissariati e padre Manelli rimosso dall’incarico.
Dopo poco più di un mese, appena si rende conto della serietà di P. Volpi e della volontà di vederci chiaro su tutto si reca presso due notai; uno per associazione: il 29 e il 30 agosto 2013.
Lo scopo, facendo credere che è ancora il Superiore Generale, poiché ne conservava il titolo nominale ma non l’autorità, è lo scompaginamento societario: via i religiosi e dentro i laici.
Per l’Associazione “Missione del Cuore Immacolato” dell’immobile di Boccea tra i soci figura il cognato Antonio Allocca. Anche la cognata, Annamaria Sancioni, moglie di Pio Manelli, mamma di Manelli jr. è all’interno delle compagini associative.
Sono atti pubblici redatti per Avellino dal notaio Edgardo Pesiri e per Benevento dal notaio Elena Calice.
Il papà della signorina notaio, dopo mesi di inattività, beneficierà poco dopo dell’appalto per la costruzione di un albergo tra S. Giovanni Rotondo e Monte Sant’Angelo che il Manelli motiva come “luogo nel quale, essendo entro 30 Km da San Giovanni Rotondo, quando l’asteroide che sta per cadere sulla terra farà danno (sic), nessuna vittima lì ci sarà”.
Da premettere che anche la ditta di costruzioni della famiglia di Suor Consiglia Carmela De Luca, rifugiatasi in Francia, aveva ricevuto anni prima un appalto per la costruzione del convento delle suore a Frigento. Altro che gli scandali della Regione Lombardia!
Disponiamo inoltre di testimonianze su falsificazioni di testamenti a Fontanarosa (AV), luogo dove oggi si sono stanziati nell’ex convento delle suore, dei pii uomini adepti del Manelli che escono con l’abito religioso dei Frati Francescani dell’Immacolata pur essendo fuggitivi e ridotti allo stato laicale.
Il defunto Padre Fidenzio Volpi in una lettera circolare all’Istituto dell’8 Dicembre 2013 farà presente la sottrazione fraudolenta di beni ecclesiastici, patrimonio stabile di un Istituto religioso di Diritto Pontificio sottoposto alla disciplina ecclesiastica per le temporalità e non all’arbitro di P. Manelli. Sullo statuto modificato delle associazioni, infatti, non c’è più scritto come finalità le opere e le missioni dei Francescani dell’Immacolata, ma “lo spirito di padre Manelli”.
Volpi sarà denunciato in sede civile dai familiari di P. Stefano Manelli per queste sue rivelazioni.
E’ la vendetta di Stefano Manelli e la bile del nipote Settimio che ad ogni piè sospinto vuole querelare pure gli spaventapasseri dell’orto.
Volpi vorrebbe trattare in sede di mediazione civile ma poi viene insultato da Maria Guerini, un’inavvenente che poteva solo sposare la causa del tradizionalismo sul blog Chiesa e post Concilio, avverso a Papa Francesco e seguita a ruota da un certo don Camillo, amante di merletti e sottane che quando incontra i frati per strada si dice pentito poiché se la fa sotto. Entrambi infatti saranno subito querelati ma la morte prematura di P. Volpi interromperà il processo a loro carico mentre la famiglia Manelli continua a chiedere indennizzo agli eredi di Padre Volpi, ai Cappuccini di Milano e ai Francescani dell’Immacolata permettendosi anche di far scrivere sui soliti blog che la “Legge” ha dato ragione a Padre Manelli. (continua…)
LA CHIESA SOPPRIME L’ASSOCIAZIONE DI P. STEFANO MANELLI NELLE FILIPPINE
Il 26 Febbraio 2020 con numero di protocollo 1/2020 l’Arcivescovo di Lipa Mons. Gilbert A. GARCERA ha decretato la soppressione dell’Associazione di fedeli denominata “Famiglia dell’Immacolata Mediatrice di tutte le Grazie e di San Francesco”.
L’associazione era uno degli espedienti messi in opera da P. Stefano Manelli, una volta deposto da superiore dei Frati Francescani dell’Immacolata nel 2013, per raggruppare alcuni suoi religiosi indotti da lui stesso a laicizzarsi in attesa di un riconoscimento canonico come istituto religioso più tardi.
Si trattava di diciassette ex-studenti dei Frati Francescani dell’Immacolata e più precisamente di undici italiani, due polacchi, un inglese, un tedesco e appena due filippini.
Malgrado la sproporzione tra il numero di europei ed asiatici la scelta di Lipa fu determinata nel giugno 2014 dalla compiacenza dell’allora Arcivescovo di Lipa Mons Ramon C ARGUELLES.
(https://veritacommissariamentoffi.wordpress.com/tag/arcivescovo-ramon-arguelles/) essendo l’episcopato italiano poco propenso ad omologare una manciata di filolefebvriani.
L’operazione fu mediata dall’allora ambasciatrice delle Filippine presso la Santa Sede, la signora Mercedes Arrastia TUASON.
Quando il 2 ottobre 2009 Benedetto XVI accettò le Lettere Credenziali del Governo delle Filippine, rivolse alla novella ambasciatrice le testuali parole: «In un tempo in cui certi gruppi abusano del nome di Dio, “l’opera della carità” (Caritas in veritate, n. 57) è particolarmente urgente. Ciò vale in modo speciale per le regioni che sono state tristemente deturpate dai conflitti. Incoraggio tutti a perseverare affinché possa prevalere la pace».
Quell’invito del Papa emerito fu profetico e di monito per l’azione antiecclesiale e conflittuale, non in regioni geografiche, ma negli spazi delle fraternità conventuali che l’ambasciatrice promosse raccomandando al compaesano Mons. ARGUELLES un manipolo di ex frati ideologizzati alla mercé di un Manelli in aperta ribellione al Commissario Apostolico e in malcelato dissenso verso il Santo Padre Francesco.
Poco più tardi l’arcivescovo di Lipa rassegnò le sue dimissioni anticipando il pensionamento su invito del Nunzio Apostolico nelle Filippine.
L’ambasciatrice TUASON, già benefattrice di frati e suore dell’Immacolata – ai quali finanziò un pellegrinaggio in Terra Santa proprio all’inizio del suo mandato – terminò la sua missione diplomatica in modo inglorioso.
Come nel gioco delle matriosche russe p. Manelli ha volutamente continuato a creare altre associazioni di diritto o di fatto molto simili nell’abito e nella denominazione ai Francescani dell’Immacolata. Le donne sono visibili a Frigento e a San Giovanni Rotondo, sotto il naso dei rispettivi vescovi. Velo più scuro e medaglia miracolosa al centro del petto anziché a sinistra. Idem per altri impostori, questa volta maschietti, in Inghilterra.
Questo stratagemma per disperati fund riser vuole indurre in errore i benefattori e continuare a sfruttare la credibilità e l’immagine dell’Istituto fondato dal Monelli e successivamente da lui stesso leso ed offeso.
Soppressa un’associazione, il Manelli crea un’altra ammucchiata di uomini o di donne senza i dovuti crismi, tanto alla fin fine si tratta di laici o di laiche autocefale che però si professano “anime consacrate”.
Di sicuro la consacrazione della loro vita è rivolta fino ad oggi più al “padre comune” – come il Manelli ama autodefinirsi – che al Padre Nostro che è nei Cieli.
La stessa associazione “Famiglia dell’Immacolata Mediatrice di tutte le Grazie e di San Francesco” soppressa all’inizio del 2020 portava inizialmente il nome di “Francescani dell’Immacolata Concezione”!
Da testimonianze di “pentiti” o ingenue “gole profonde” sappiamo che il Manelli ha più volte dichiarato: «questo Papa (Francesco) morirà, il successore mi darà ragione e voi (i fuoriusciti ndr) sarete i veri frati e suore dell’Immacolata».
E’ difficile comparare il livello di disgusto che si prova tra il delirio di un fondatore borderline che potremmo inserire nella categoria del “pazzo lucido” e degli uomini e donne ancora infantili che potrebbero offrire alla società e alla Chiesa un contributo più valido alla squallida sequela di una leadership che non è Gesù Cristo, come ebbe modo di dire Papa Francesco sul Manelli all’udienza privata che accordò agli studenti dei Frati Francescani dell’Immacolata nel 2014.
L’attuale arcivescovo di Lipa motiva la soppressione per l’impossibilità dei membri dell’associazione di inculturarsi nelle Filippine essendone assenti. I loro responsabili, inoltre, il presbitero Dario Nardella e il sig. Davide Canavesi, non sono sotto la guida di fatto della Chiesa delle Filippine avendo dislocato il loro gruppetto tra Fauglia di Pisa e la Palanzana di Viterbo che li ha resi devoti di San Crispino.
In questo manipolo di giovanotti si è distinto per il suo attivismo da youtuber anche tale sig. Roberto Pedalino (ex fra Pietro) che ha ricevuto il mandato di diffondere pappagallescamente le presunte “profezie” attribuite a Padre Pio tra le quali spicca quella delle 4 T, cioè il “tutto tenebre” sul Vaticano II secondo la testimonianza autorevole della “persona degna di massima fiducia” – citiamo – di P. Stefano Manelli (https://youtu.be/UVS12beh3KM).
Secondo valide testimonianze, don Dario Nardella (ex fra Massimiliano) sarebbe un buonuomo, anzi proprio i suoi mentori, i rettori Alessandro Apollonio prima e Settimio Manelli poi, misero in dubbio la possibilità della sua ammissione all’ordinazione svoltasi poi in circostanze controverse nella sua Foggia quando già era già uscito dall’Istituto. (https://veritacommissariamentoffi.wordpress.com/?s=nardella&submit=).
Le riserve sulla sua non idoneità naturalmente caddero perché l’ex studente dei Francescani dell’Immacolata faceva comodo ai “manelliani” essendo quello più avanti in anzianità studentesca ed urgeva dotare l’associazione di un monaco da Messa.
Per il sig. Davide Canavesi, ex fra Ambrogio, ricorderemo una disperata lettera al Papa dopo la summenzionata udienza del 2014.
In essa presentava il Fondatore quale esempio di vita, proprio mentre il Manelli pianificava l’associazione con dote preventiva rappresentata dal patrimonio stabile sottratto ai Frati Francescani dell’Immacolata con il gioco delle tre carte:
1) costituisco prima un’associazione privata in nome di “madonna povertà”;
2) traggo in inganno il notaio;
3) tolgo dalla compagine decisionale e societaria i religiosi;
4) innesto parenti amici e conoscenti;
5) non appena ho il nuovo Istituto frego i miei figli degenerati che hanno seguito la Chiesa accettando il commissariamento e offro tutto ai miei fedelissimi rampolli delle nuove associazioni.
Ciò che lascia perplessi tuttavia è la contiguità dichiarata da Radio Spada con il Canavesi considerato «amico carissimo di alcuni suoi redattori».
Radio Spada infatti è l’espressione più becera della destra ultratradizionalista “cattolica” intollerante e violenta.
Il sito di Radio Spada trova quotidiani pretesti per attaccare la figura e l’operato del Sommo Pontefice, esalta dissidenti come Mons. Viganò e offre spazio a noti ipocriti cattolici dalla vita morale perversa ma sedicenti “fedelissimi” alla dottrina usque Pio X.
Il Canavesi veniva da quegli ambienti? Li frequentava? Era questo il nuovo trend identitario delle vocazioni accolte da Manelli Senior & Junior?
L’onestà intellettuale del Canavesi dovrebbe ricordargli come allo STIM – che lui esalta nella citata lettera al Santo Padre – vigesse addirittura la censura all’Osservatore Romano.
Lo STIM, ricorderemo, era un seminario dove gli studenti dei Frati Francescani dell’Immacolata ricevevano una formazione “privata” in preparazione al sacerdozio. Quale qualità e cattolicità potesse avere e quali meriti accademici avessero i professori, che spesso erano novelli sacerdoti al primo anno di Licenza, questo è un altro discorso…
Il Canavese, tuttavia, conferma la formazione parziale e riduttiva ricevuta nello STIM proprio dagli argomenti che cercava di articolare nella lettera apologetica al Papa.
Secondo il consolidato stile di P. Stefano, fa credere che siano stati gli studenti a volere l’uso esclusivo del Breviario tridentino e della S. Messa secondo il Vetus Ordo.
Il Canavesi non dice che il delfino Settimio Manelli voleva sbattere fuori dal convento chi non aderiva alla “tridentinizzazione” e che fino ad oggi il Vetus Ordo sia uno dei suoi punti fermi.
E’ difficile infatti resistere ai soldi del mondo tradizionalista, alla cultura dell’odio e al razzismo costitutivo da Ku Klux Klan. Filippini, brasiliani, africani… tutti soggetti di disprezzo del Manelli secondo le testimonianze dei suoi “sfoghi” a frati a suore italiani in tempi non sospetti.
«Meglio i polacchi, i francesi, tedeschi e inglesi…» diceva il nostro colono.
Stefano Manelli continua purtroppo ad essere un uomo vile che manda nella mischia gli altri senza mai avere le palle per esporsi in prima persona.
Il Canavesi sembra avere dei problemi di coscienza quando – sempre nella sua lettera papale – giustifica il fachirismo narcisista che denomina “Penitenza”, con la condizione di maggiore opulenza e spensieratezza dei frati rispetto ai normali padri di famiglia.
Tanto “per restare in famiglia” cita Ernest Hello dichiarando che “se non esistesse la parola ‘esagerazione’, il mediocre la inventerebbe”!
Per realizzare il “suo” modello di santità, allora, basterebbe convolare a nozze, cosa peraltro già realizzata da alcune nipoti smonacate del Manelli.
L’altra via di santità, più coerente, è condividere la condizione dei veri poveri.
Basterebbe andare a vivere nelle periferie delle Filippine presso la “sede giuridica” dell’ex associazione. La coerenza l’impone.
Le Filippine, però, erano elette dal razzista Manelli a sua colonia vocazionale nel costante disprezzo e sfruttamento di un popolo degno e laborioso.
E’ comodo fare l’analista e l’opinionista da dietro la scrivania.
Talis patris…
MLC
PADRE STEFANO MANELLI E LA SOSPENSIONE A DIVINIS
Dal 1 Febbraio 2019 a P. Stefano Maria Manelli è stata comminata dal Commissario Apostolico Mons. Ardito Sabino la “sospensione a divinis” cioè una sanzione prevista dal canone 1333 del Codice di Diritto Canonico che gli vieta l’esercizio di tutti gli atti relativi al ministero sacerdotale.
La storia si ripete sempre due volte: la prima come tragedia, la seconda come farsa.
Questa frase attribuita al “comunista” Karl Marx rappresenta bene il “ventennio fascista” di Padre Stefano Manelli al governo dei Francescani dell’Immacolata dal 1990 al 2013.
Idolatrato da alcuni e disprezzato da altri ha saputo nel corso degli anni entrare nel sistema della corruzione vaticana senza riuscire per questo ad evitare la deposizione e il commissariamento finale.
Vocazioni distrutte e vite disilluse di uomini, donne e famiglie a cui si aggiungono altri fattori di imputabilità come scandali finanziari e abusi sessuali.
La consumazione di questi delitti protratti in parte nel tempo e in parte ancora in atto, ha definitivamente siglato il fallimento del “progetto Manelli” sulla vita religiosa.
Dallo studio del Diritto pubblico e dei sistemi costituzionali comparati abbiamo imparato e insegnato che il dittatore si propone di costituire stabilmente un nuovo ordine.
Fu questa la velleità del Manelli che nel suo narcisismo patologico e le ossessioni paranoiche finì col prendere di mira la Chiesa stessa per fondare un “nuovo Ordine” sul nostalgico modello degli anni Cinquanta, quando da novello sacerdote la vita gli irrideva intorno.
Erano gli anni del baby boom nei quali Domenico Modugno allargava le braccia e cantava “Volare” per osannare a quella generazione che avrebbe egoisticamente succhiato ogni risorsa ai posteri.
Erano gli anni della corte di Pio XII e dei fasti vaticani.
Si sfruttò il bene e il male del Novecento ubriacandosi di sogni di vita e costruendo incubi per i giovani.
Il culmine fu raggiunto dal Manelli con l’esplicita critica al Vaticano II del 2009 attraverso il suo patrocinio a un convegno che in quella sede definì la grande assise vaticana un “conciliabolo pastorale”.
Benché il Manelli non ebbe mai il coraggio di far stampare l’integrità degli Atti, la Casa Mariana Editrice diffuse tuttavia il libello anticonciliare “Un discorso da fare” di Mons. Brunero Fiorello Gherardini mentre agli Istituti dei frati e delle suore venne pedissequamente e integralmente imposta la liturgia tridentina.
La parola d’ordine era: “lo vuole il Papa!” (Benedetto XVI ndr) cosa che si rivelò falsa.
In quegli anni il Manelli attribuì anche a San Pio da Pietrelcina la frase “tutte tenebre” riferita al Vaticano II liquidato come il Concilio dalle “quattro T”.
La menzogna ha sempre imperato nella retorica manelliana con il ricorso alla calunnia e ai santi, non quali intercessori ma come prova ad hominem delle sue fantasie.
Peccato che la “protezione speciale” di Padre Pio a più riprese ostentata dal Manelli su se stesso e la sua famiglia biologica sia ormai da tempo contraddetta dai fatti per l’evidente indignazione del santo stesso come riferito da una pia anima piemontese – in odore di santità – con dichiarazioni anche recenti.
Fondatore e sedicente “Padre Comune” di frati, suore e laici, Manelli volle realizzare un ideale restaurazionista di vita religiosa verso il quale nei fatti lui stesso ne fu costantemente distante.
La sua dottrina era condita inevitabilmente da pelagianesimo e montanismo e veniva così impartita all’interno della prassi formativa e la condotta conventuale dei suoi Istituti.
E’ curioso notare come la vita spesso sia come una ruota.
Ieri il Manelli si lamentava dei religiosi da lui definiti “rilassati”, oggi lui stesso ripete le stesse scelte che poco prima contestava ai cosiddetti “rilassati” specie se membri di altre congregazioni religiose, meglio ancora se Francescani e Conventuali in particolare.
A un mese dal commissariamento, con la complicità dei padri economi Abate e Longo – con i quali condivide ad oggi l’attesa di giudizio penale – Padre Manelli fece cambiare gli statuti delle due Associazioni pubbliche di Diritto privato alle quali facevano capo le temporalità dell’istituto.
Il controllo di cui fino a quel momento godeva il Superiore Maggiore pro tempore veniva ex novo attribuito “allo spirito di Padre Manelli” mentre la compagine associativa eliminava i religiosi e integrava laici amici, parenti e conoscenti di fiducia del padre Manelli.
Lo scopo era duplice:
Creare un nuova realtà canonica affrancata dal commissariamento e continuare a contare sugli appoggi di alti prelati e curiali corrotti grazie al “nervo della guerra” che è il denaro.
All’uopo Padre Manelli indusse allo scioglimento dai voti numerose suore e frati contando sul contingente appoggio di qualche vescovo disposto ad accogliere dei pii uomini o delle pie donne che volevano menare vita in comune continuando a portare un abito religioso molto simile a quello dei Francescani dell’Immacolata per indurre fedeli e “benefattori” in errore.
Il Santo Padre Francesco in persona indicò nel 2018 quattro punti sui quali Padre Stefano Manelli e il suo vice Padre Gabriele Pellettieri avrebbero dovuto assolutamente obbedire:
1) Collaborazione e obbedienza ai commissari;
2) Interruzione di contatti con le suore;
3) Fine della contaminazione ideologica ai frati;
4) Restituzione dei beni sottratti all’Istituto.
Mentre il cofondatore Padre Gabriele Pellettieri dalla Teano del Nord, cioè Monghidoro, rispondeva “obbedisco”, Padre Manelli tergiversava, temporeggiava e parlava di “obbedienza ingiusta”, proprio lui che esigeva un’obbedienza alla “luce dell’Immacolata” e parlava di “obbedienza del cadavere” (sic).
Visto il rifiuto delle proposte benevole dei commissari di ricomposizione pacifica della questione con la mediazione dell’avv. Artiglieri “il farfugliatore”, ad ottobre 2018 ci fu un incontro dei Commissari con il Cardinale Braz de Aviz e Mons. José Carballo.
Preso atto della somma di ammonizioni canoniche del padre Manelli, si passò al “cartellino rosso” consegnato brevi manu ad Albenga il 1 febbraio 2019.
Il Manelli, dopo la defenestrazione degli avvocati Artiglieri e Tuccillo, tipica dei sovrani tiranni che per paranoia uccidono i collaboratori, si fece redigere da un terzo soggetto una memoria difensiva molto approssimata con il solo scopo di guadagnare tempo in attesa che i suoi messi raggiungessero nuovi alleati, come le corti europee prima del Congresso di Vienna.
Se in quel contesto di XIX secolo il principe Joseph de Ligne poteva denunciare l’immobilismo dei congressisti presi da danze mondane coniando l’espressione “si le congrès danse, il ne marche pas, mutatis mutandis nel 2019 si può dire lo stesso delle pastoie vaticane.
L’officiale di Dicastero che seguiva la vicenda dei Francescani dell’Immacolata era il passionista Padre Diego Di Odoardo. Sostituito lo scorso anno per limiti di età da Padre Orlando Manzo barnabita, la condizione sanzionatoria per il padre Manelli si è ammorbidita.
Il Dicastero ha risposto a Padre Manelli ignorando il Commissario al quale era stato invece richiesto di redigere e firmare la sospensione a divinis.
Da fonti certissime sappiamo che alla recente richiesta del Commissario Mons. Ardito di una copia del testo di risposta al Manelli, il nuovo sottosegretario di Dicastero, Padre Pierluigi Nava ha effettivamente reagito. Al ricevimento della busta era scomparso al suo interno l’allegato della lettera “accomodatrice” al Manelli.
Furto o leggerezza di un Dicastero Vaticano?
Si tratta di fatti gravi che minano l’integrità morale degli uomini al servizio di Papa Francesco la cui posizione è stata chiara sin dall’inizio.
Padre Stefano Manelli è in stato di disobbedienza canonica formale, ha dei carichi pendenti civili e penali, c’è un’inchiesta canonica presso Dottrina della Fede per accuse sulle sua moralità, un decreto di sospensione a divinis del suo superiore diretto, numerose ammonizioni canoniche, ma continua a fare ciò che vuole.
Alcuni blog tradizionalisti lo presentano come il perseguitato di Papa Francesco agli arresti domiciliari nel convento di Albenga.
In realtà padre Manelli si muove come e quando vuole lui con il suo autista personale, continua a visitare e permanere nelle clausure femminili e ha recentemente celebrato a Roma le nozze del nipote omonimo.
Ognuno si chiede se dei suoi delitti si fosse macchiato un chierico qualunque, cosa sarebbe stato di costui.
La regola dei due pesi e delle due misure è presente in uno dei più corrotti dei dicasteri vaticani dove i soldoni delle Congregazioni religiose bloccano il corso della giustizia e della correzione come già successo anni fa con Maciel Degollado fondatore dei Legionari di Cristo, protetto dai Cardinali Sodano e Dziwisz che stavano compromettendo per questo la causa di canonizzazione di Giovanni Paolo II, il pontefice omologatore del Manelli ma criticato da quest’uomo cinico e ingrato ipercritico per alcune sue posizioni teologiche e il Giubileo del Duemila, proprio come l’Accusatore.
MLC
Le pressioni e le corruzioni anche dei politici al Vaticano per “aiutare” padre Stefano Manelli
Da fonti certe sappiamo come il deposto superiore dei Francescani dell’Immacolata, Padre Stefano Manelli inviti ad ogni elezione, comprese le recenti europee, al voto di preferenza per la Lega.
PADRE STEFANO MANELLI SFIDA I COMMISSARI
E’ apparso il secondo volume della collana “Un dono dall’alto” edito dalla Casa Mariana Editrice.
E’ la raccolta dei testi legislativi dei Francescani dell’Immacolata e la collezione delle lettere del Fondatore P. Stefano Manelli ai due Istituti di Frati e Suore fino al 2012.
I testi e la presentazione della collana insistono sul carattere “costitutivo” del Voto Mariano indicato come la “ragion d’essere” dell’Istituto.
L’editrice tuttavia non è più espressione dei Francescani dell’Immacolata ma di un raggruppamento di laici vicino a Stefano Manelli. La rappresentanza legale è affidata a tale Claudio Circelli che sembra contare sulla gratuita manovalanza editoriale di pie donne che indossano però velo e abito religioso a confusione del popolo di Dio.
Si tratta di ex suore francescane dell’Immacolata o ragazze figlie di persone vicine al Padre Manelli al quale hanno prestato un voto privato di fedeltà incondizionata che prescinde l’autorità stessa della Chiesa.
Mons. Pasquale Cascio, Vescovo di S. Angelo dei Lombardi sembra che le abbia accolte seppur informalmente o ad experimentum, mentre il confinante Mons. Arturo Aiello, vescovo di Avelino ha avuto qualche perplessità.
Quando le Clarisse di Pietravairano, un tempo legate a Padre Manelli, illuminate finalmente dall’Alto, decisero di prenderne le distanze, lo stesso vendicativo P. Stefano calunniò più volte e pubblicamente l’allora vescovo di Teano-Calvi, passato poi al capoluogo irpino, di avere una tresca con la madre badessa! (sic)
Per rispolverare la memoria ai tanti che hanno seguito la triste vicenda della storia ecclesiale recente e per informare gli ignari, ricordiamo che nel 2009 P. Stefano Manelli strinse un patto scellerato con il famigerato cardinal Raymond Burke per iniziare un virulento attacco contro il Vaticano II prima e il pontificato di Papa Francesco poi associandosi ad ideologi come il fu prof. Brunero Gherardini o il barone Roberto De Mattei.
La belligeranza fu annunciata dai tamburi dell’adozione esclusiva per le suore e per i seminari dei frati dell’usus antiquor della liturgia sotto pretesto – rivelatosi falso – di un’esplicita volontà di Benedetto XVI.
I malesseri creatisi all’interno della famiglia religiosa per un evidente snaturamento del carisma kolbiano e abuso di autorità portò nel 2012 alla visita canonica culminata nel 2013 dal commissariamento.
Nei primi anni del provvedimento disciplinare Padre Manelli fomentò una vera e propria opposizione al governo del cappuccino Padre Fidenzio Volpi che contemperava al gravoso incarico il segretariato della CISM (Conferenza Italiana dei Superiori Maggiori).
Nel 2015 questo primo commissario apostolico morì tra le invettive e i salmi imprecatori prima e i brindisi poi dei religiosi e religiose idolatri del Padre Manelli.
Subentrò al governo del ramo maschile una troika di commissari: Don Ardito Sabino salesiano e P. Gianfranco Ghirlanda gesuita con P. Carlo Calloni cappuccino.
Nel 2016 esplose giudiziariamente e mediaticamente sui media nazionali e locali il caso di P. Manelli come palpeggiatore seriale delle sue religiose e manipolatore di vecchiette e figlie spirituali dalle quali otteneva lasciti testamentari con la promessa-premio della tumulazione nella cripta del santuario mariano di Frigento nell’Alta Irpinia dove nel frattempo aveva seppellito i genitori.
Lo scopo era creare per la numerosa famiglia naturale gloria e denaro, strumento che nel passato gli aveva permesso approvazioni ecclesiali e nel presente impunità giudiziaria e canonica.
Lo scorso 19 marzo 2019 da fonti certe abbiamo saputo del decreto di sospensione a divinis per Padre Stefano Manelli.
Il religioso, dopo aver risposto alla Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica che le disposizioni del Papa di non avere più contatti con le suore, di incoraggiare alla collaborazione con i commissari i frati disidenti, di obbedire all’autorità della Chiesa, di restituire i beni sottratti all’Istituto “sono un’obbedienza ingiusta”, ha finto – per opportunismo – col tornare a più miti consigli.
Quale novello Federico II a Canossa – terra non lontana dal luogo di origine del Commissario Sabino Ardito – Padre Manelli ha fatto credere di voler collaborare “per sospendere la sospensione” e contare sulla corruttibilità degli officiali e minutanti del Dicastero Vaticano pronti a nascondere le carte sotto pile di altri documenti “più urgenti” da trattare.
Da allora sono passati quasi tre mesi senza un nulla di fatto.
Sono però passati soprattutto sei anni dal commissariamento senza un nulla di fatto.
Le suore commissariate in epoca più recente hanno praticamente mantenuto le stesse superiore al potere e sono completamente disinformate sulla vicenda.
Come per i frati esiste un governo ombra parallelo che però è universalizzato rispetto a uno zoccolo duro di meno di trenta fraticelli su trecento che credono di continuare a mantenere in ostaggio l’intero Istituto.
Il processo penale nel quale Padre Manelli è imputato insieme all’ex economo P. Bernardino al secolo Maurizio Abate e P. Pietro Luongo andrà presto in prescrizione e il partito del fondatore con i suoi familiari, profittando dell’ignoranza giuridica delle masse, annuncerà “che giustizia è fatta”.
I procedimenti civili per il dirottamento dei beni a mezzo falso ideologico andranno a sentenza, ma saranno messi in sordina salvo le sorprese di magistrati corrotti.
Nel frattempo, grazie a quei personaggi che non riescono a mantenere i segreti o che hanno due piedi in una scarpa, abbiamo appreso che il Manelli conta sulla successione di governo al Dicastero con un Prefetto e Segretario in scadenza di mandato. Il prossimo anno, inoltre, don Sabino Ardito sarà ottantunenne quindi potrebbe essere rimosso per raggiunti limiti di età senza aver risolto il caso malgrado la sua perizia giuridica.
Padre Manelli dal longevo genoma familiare se la ride dalla soddisfazione annunciando ai fedelissimi anche la prossima morte di Papa Francesco e l’avvento di un pontefice a lui favorevole.
“Questo Papa non mi farà niente, tanto non mi possono fare niente… faremo uscire altri scandali nella Chiesa… li ricatteremo…” è la spavalda litania che pronuncia insieme alla calunnia del “… sono tutti massoni e modernisti”.
A questa si aggiunge: “sono degli incapaci, non capiscono nulla”.
In realtà il Manelli sta solo incoraggiando sé stesso più che la truppa di soggetti ideologizzati o semplicemente psicotici che lo segue.
Come da sempre il Manelli divide per imperare.
Dovrà farsene comunque una ragione del suo clamoroso fallimento malgrado il suo volgo fanatizzato raccolga testi di scritti e documenti, pubblichi libri a sua firma, benché sconfessato dalla Chiesa istituzionale.
Diabolos non è forse sinonimo di Divisore?
M.L.C.