La verità sul Commissariamento dei Frati Francescani dell'Immacolata

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DOVE SONO I PADRI MANELLI E PELLETTIERI

Nella puntata di mercoledì 7 ottobre 2020 di Porta a Porta, fruibile ancora su Rai Play, c’è un servizio sul caso Becciu al 44’ dalla sigla iniziale. In questa sede non entriamo nel merito del cardinale indagato dalla giustizia vaticana e che “a pelle”non aveva mai suscitato simpatia. Ci soffermiamo piuttosto sui propositi di Camillo Langone, uno degli invitati di Bruno Vespa alla trasmissione, accanto a Marco Tarquinio, Massimo Franco e Antonio Spadaro. Al 58’ del programma interviene il Langone, non per allinearsi pertinentemente al tema che si sta trattando, ma per accusare Papa Francesco di “decapitazione dei Francescani dell’Immacolata” di cui – secondo lui – “non si sa dove siano i fondatori”. Immaginiamo da dove derivi l’interesse strumentale e polemico alla vicenda commissariale innescato dal Langone, ma il nostro si sbaglia clamorosamente quando dice che si ignori la residenza dei fondatori. P. Stefano Manelli infatti è formalmente assegnato da qualche annetto al convento di Albenga, nella cui diocesi regnava il suo vescovo amico Mario Oliveri dimesso dal Vaticano il 1 settembre 2016.Mons. Oliveri si macchiò di gravi irregolarità nel governo della Diocesi ligure diventata con il suo seminario – successivamente chiuso – l’alcova dei preti e seminaristi omosessuali d’Italia e dintorni. Il Commissario Pontificio don Sabino Ardito, stanco delle inadempienze e pressioni esterne del fondatore FI, trasferì nel 2016 il Padre Manelli ad Albenga, presso la Casa Mariana Nostra Signora di Pontelungo che prende il titolo dall’omonimo santuario di Viale Pontelungo al numero civico 89. A questo trasferimento seguì nel 2018 la disposizione del Vaticano di non allontanarsi senza motivo, in coerenza con le lamentele del Manelli stesso sui suoi problemi di salute come scusante per non andare a Roma per incontrare il Commissario e i Superiori del Dicastero per i Religiosi. La richiesta di stabilità era anche dettata dalla necessità di limitare i contatti con i monasteri e i conventi di religiose donne in Italia dopo le numerose denunce di abusi che portarono ad un’istruttoria del Tribunale di Avellino attraverso i Carabinieri di Mirabella Eclano. Come ho avuto modo di constatare di persona, non solo il Manelli continua a viaggiare sulla sua berlina con autista, ma trascorre lunghi soggiorni presso le ex suore dell’hotel Abbazia di Frigento (AV) e nel monastero delle Clarisse dell’Immacolata di Creazzo (VI) dove, secondo testimonianze raccolte, ha esatto la stanza accanto a quella della badessa vicentina a cui era tanto affezionato. Mi è capitato nella mia inchiesta di chiedere ad Albenga di P. Manelli, sia per telefono che attraverso un mio vicino di casa di fiducia. I frati rispondono con malcelato imbarazzo che il “vicepadreterno Manelli”, da loro denominato “padre comune”, non c’è e che non sanno dove sia. Questa prassi, oltre a liquidare l’interlocutore, da’ ogni volta l’impressione di una reclusione del padre (comune) alimentando la dietrologia della persecuzione vaticana ai suoi danni. Nulla di più falso. Una fake news, come direbbe Trump.

Quanto al co-fondatore P. Gabriele Pellettieri da anni è stato assegnato alla Casa Mariana “Madonna dei Boschi” di Monghidoro (BO). È da premettere che il Pellettieri stesso chiese un luogo ameno rifiutando altresì qualunque incarico di responsabilità o di mediazione per una soluzione della crisi dell’Istituto, sia con P. Volpi che con don Ardito. Il Pellettieri ha delle gravi responsabilità di omissione e se oggi un P. Pietro Luongo è imputato in un processo penale per la questione delle associazioni off shore del Manelli è per la viltà del Pellettieri: “non voglio andare in Tribunale, fate presidente un altro”, mi riferiva di lui un frate attribuendogli i summenzionati propositi. Il Pellettieri è un discepolo degno della paternità del Manelli che fa andare sotto processo un suo figlio perché di fronte a prevedibili conseguenze penali per i vertici dell’associazione, teme la perseguibilità giudiziaria. Da presidente si dimise e inserì al suo posto un ignaro fraticello che ha passato i suoi guai. Un coraggio degno da martire.L’autorevolezza morale del cofondatore Gabriele Pellettieri avrebbe sin da subito potuto rappacificare frati, suore e laici messi in agitazione dal delirante e arrabbiato Manelli, ma sappiamo che purtroppo si perdono appuntamenti importanti con la storia, con la vita e con l’eternità. Confesso a Dio Onnipotente e a voi fratelli (e sorelle) che ho molto peccato in pensieri, parole, opere e … omissioni!La residenza e le azioni dei fondatori quindi sono arcinote. Bene e molto bene ha fatto il Papa nel misconoscere il loro carisma personale. L’eventuale dono ricevuto dallo Spirito Santo per fondare un Istituto religioso va consegnato alla Chiesa. È la Chiesa che lo approva, lo riconosce e, se necessario, lo corregge. Non era rimasto più nulla di kolbiano all’interno della compagine di frati e suore nell’ultimo quinquennio pre-commissariale a causa della “mutazione genetica” della spiritualità del Manelli. Male, molto male ha fatto il Pellettieri nel seguire il Manelli nella strada della monasticizzazione filo-lefebvriana. Quella nuova linea si rivelò un disastro. Il Pellettieri ne dovrà a sua volta rispondere davanti a Dio. Mi è stato detto che i frati si vergognano dei fondatori e che li sconfessano. Verosimile che sia, il recente sfratto del Manelli agli studenti del seminario di via Boccea è un’ulteriore dimostrazione del suo cinismo.Ci si interroga tuttavia sulla condizione psichica e spirituale di quest’ultraottuagenario. I frati dicono che vedevano poco e niente P. Stefano Manelli in cappella. Mangiava da quasi trent’anni cibi succulenti preparati appositamente per lui. Nella sua stanza in inverno c’era sempre il riscaldamento a manetta e in estate andava a rinfrescarsi a Frigento con tutta la sua famiglia tribale. Se qualche persona chiedeva di confessarsi con lui dopo un viaggio di centinaia di chilometri gridava dicendo che “doveva scrivere”. In maniera furtiva si recava presso le suore e con esse condivideva la mensa. Secondo testimonianze scritte le introduceva nella sua stanza all’interno dei conventi femminili e si dava ad amplessi giustificandoli come manifestazioni di misticismo. Si faceva intestare case e conto correnti dai frati, suore e loro familiari e quando non riusciva a piegare la loro volontà ricorreva alla falsificazione testamentaria con l’uso abile dello scanner e di programmi di fotocomposizione informatica. Un gangster vestito da frate. Un mezzo uomo con la maschera.

Camillo Langone non sa di cosa parla e chi difende. I Francescani dell’Immacolata sono ben contenti dell’intervento della Chiesa sul loro Istituto religioso e della rimozione del P. Manelli da superiore. “I pochi fanatizzati ideologizzati che da mediocri erano stati assurti a posti di responsabilità per la garanzia di totale sudditanza al loro fondatore – benefattore, non rappresentano l’Istituto”, mi ha detto più volte un frate con molta naturalezza e convinzione. Gli stessi manellisti, del resto, non si riconoscono più nei Francescani dell’Immacolata e cercano nuovi spazi sotto una nuova denominazione. La mera accoglienza canonica è complicata e poco interessante anche per i vescovi più disperati per scarsità di clero.La temerarietà arrogante di P. Manelli e la sua avidità con la distrazione del patrimonio stabile dell’Istituto non è un buon biglietto di presentazione. I vescovi sanno bene che fino a quando il Manelli non cambia registro, è una polveriera che può farli saltare e quantomeno screditarli. Da fonti affidabili sappiamo che cercano una collocazione canonica nelle Marche e in Toscana, dopo il fallimento di Lazio e Campania. C’è anche il disperato tentativo di qualcuno della richiesta d’incardinazione all’estero, in piccole diocesi dell’Est europeo a trazione sovranista: Dio li fa e poi li accoppia. Una brutta storia e una brutta fine quella del Manelli e dei suoi uomini e donne. Quanto a Camillo Langone, possiamo semplicemente definire una figuraccia la sua apparizione in TV, infatti Bruno Vespa non lo ha fatto più intervenire e sembra che i personaggi di questa corrente ecclesiale tradizionalista, abbiano perso ogni credibilità nello spazio pubblico mediatico e non.Il fatto che il Langone collabori con il “Il Foglio”, infine, rivela anche la parabola discendente di unquotidiano che per la qualità della carta può rendersi utile nei bagni pubblici.

MLC