La verità sul Commissariamento dei Frati Francescani dell'Immacolata

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SE QUESTO E’ UN TEOLOGO…

P. Stefano Manelli con alcuni cortigiani

In occasione dell’anniversario delle leggi razziali del 1938 sull’altare del “dio” Stefano Manelli autodefinitosi “Il Padre Comune” viene ancora consumato l’ennesimo olocausto di un suo suddito di corte: Giuseppe Lanzetta, detto Padre Serafino.

Il nuovo sacrificio umano nasce dall’avvenuto esaurimento – intellettuale e nervoso – di P. Paolo Siano che indotto ripetutamente ad attaccare papato e curia dal “Burattinaio” esiliato ad Albenga, ma non isolato, è stato raggiunto da provvedimenti canonici che ne hanno fermato la follia contestatrice.

Estinta una vittima, ne occorre un’altra per un Moloch figlicida e insaziabile come il Manelli.

Il  semisconosciuto Lanzetta ritorna nella blogosfera grazie al sito di Sandro Magister prima di essere definitivamente sepolto nell’oblio della storia.

Questa sarebbe stata una perdita per il mondo tradiprotestante e per chi ancora lo segue!

Anche un teologo fatto in casa deve pubblicare qualcosa “tanto per”, benché raccomandato da un preside di periferia come Manfred Hauke a Lugano, nel paese di Heidi. Roma, infatti è lontana e inaccessibile in tutti i sensi per personaggetti del genere.

 

Nel sedicente saggio “Alla radice della presente crisi della Chiesa” il Lanzetta più che salire al “Settimo Cielo” della propaganda virtuale cade, anzi scade, nell’ennesima elucubrazione.

Il motivo è duplice: in primo luogo, malgrado i suoi sforzi spremi meningi, il Lanzetta ha come base di partenza culturale un diplomino di perito geometra conseguito con 42/60 in una scuola parificata della provincia di Avellino dove tutti sono raccomandati; in secondo luogo le conclusioni teoriche alle quali il Lanzetta perviene gli sono già consegnate preconfezionate dal Manelli. L’abilità si limita allora nel dimostrarle attraverso sproloqui che impressionano l’interlocutore spesso sprovvisto di strumenti epistemologici per il discernimento e la critica specie se nutrito “dottrinalmente” dai blog popcat come “Bastabugie” e “La Nuova Bussola Quotidiana” diretti da quella “brava gente” semi sedevacantista che cerca l’unità e la comunione nella Chiesa in fedele e filiale ossequio al Papa felicemente regnante!

Il Lanzetta esordisce nel suo pezzo da novanta scrivendo: “La Santa Madre Chiesa è dinanzi a una crisi senza precedenti in tutta la sua storia” (sic).

Come nello stile degli Scribi al tempo di Gesù chiama la Chiesa, che proprio lui contesta nel suo attuale pontefice, “santa e madre” e dimentico forse delle diatribe dottrinali della patristica, dell’epoca del clero nicolaita e simoniaco, del papato militarizzato in concorrenza con il potere, del papato dei Borgia,  degli scismi d’Oriente e d’Occidente, ritiene che il 2018 sia l’epoca peggiore.

Il Lanzetta ancora esprime due concetti tanto originali quanto complicati: “per risalire alle cause bisogna raschiare la superficie e scavare più in profondità” e ancora: “La confusione dottrinale genera il disordine morale e viceversa”.

In pratica è come dire: “se non è zuppa è pan bagnato”. Dice tutto e dice nulla, specialmente con quel “viceversa”.

In questo linguaggio il Lanzetta somiglia a quei teologi moderni e contemporanei che contesta.

Per chi come noi ha avuto il coraggio e lo stomaco di sopportare lo scritto, andiamo avanti…

Sin dalle prime battute il Lanzetta cita il vescovo inglese Philip Egan di Portsmouth.

La cosa ci sorprende poiché il prelato è un emerito sconosciuto dallo spessore culturale e dal profilo ecclesiale quasi anonimo, come l’insieme del clero inglese, un tempo più vivace, prestigioso e preparato.

Sempre citando Mons. Egan il Lanzetta dichiara che “questa crisi si dipana su tre livelli: ‘primo, un presunto catalogo di peccati e di crimini commessi contro i giovani da parte di membri del clero; secondo, i circoli omosessuali centrati attorno all’arcivescovo Theodore McCarrick, ma presenti anche in altre aree della Chiesa; quindi, terzo, la cattiva gestione e la copertura di tutto ciò da parte della gerarchia fino ai circoli più alti’”.

Ora vorremmo chiedere a Mons. Egan perché nella crisi della Chiesa non cita vescovi che come lui hanno accolto nelle proprie diocesi britanniche cellule cancerogene per la Chiesa come religiosi ribelli verso i superiori, religiose settarie e psicopatiche come Marcella Perillo, la boia delle marchiature a fuoco sui petti delle monache.

Ci spieghi ancora Mons. Egan perché permette che un prete come Lanzetta ed altri, non più appartenenti a un Istituto religioso, continuino a portarne l’abito.

Don Giuseppe Lanzetta “salamellecca” il card.Walter Brandmuller un firmatario dei “dubia” contro Papa Francesco

Ci spieghi sempre il prelato inglese come sia possibile che un certo padre Morgan passato all’anglicanesimo per convolare a nozze con una donna, torni poi da vecchietto e da vedovo nella Chiesa cattolica permettendosi di fare il moralista disciplinatore degli altri dal monastero di St. Magwan con la benedizione della summenzionata badessa Perillo…

 

        La disobbedienza e le confusioni nella Chiesa portano infatti al disordine dottrinale e morale… e viceversa!

 

Poiché come recita un adagio, “tutte le eresie finiscono in camera da letto”, il buon Lanzetta non può che emulare quei sessuofobi che attribuiscono al de sexto la causa di ogni male dimenticando gli altri nove Comandamenti.

La prima causa della crisi attuale della Chiesa infatti, il Lanzetta la individua nell’opposizione all’interno della Chiesa all’enciclica “Humanae vitae”.

Non è la mentalità individualista ed edonista, non è la cultura secolarista… è la pillola di Pincus!

Dalla separazione dell’aspetto unitivo e procreativo dell’atto coniugale il Lanzetta si paracaduta a chiarelettere sulla pratica omosessuale come se essa fosse determinata, filosoficamente e antropologicamente parlando, dalla contraccezione.

Chissà cosa gli risponderebbe P. Alessandro Apollonio, uno dei colonnelli manelliani stanziato a Fatima, fiero dell’appoggio della lobby omosessuale al suo “Padre Comune” durante il commissariamento dei Francescani dell’Immacolata.

Il Lanzetta, poi, parla giustamente dei circoli omosessuali del clero, anche se con imprecisione lessicale equipara la pederastia alla mai citata efebofilia.

Peccato che non faccia un distinguo statistico tra i riprovevoli atti omosessuali ai danni di minorenni e gli altrettanto riprovevoli atti efebofili verso persone di sesso femminile perpetrati da parte di chierici che hanno abusato della loro posizione morale, proprio come il suo “Padre Comune” Manelli indagato giudizialmente nel merito fino a beneficiare dei favori tecnici della prescrizione, ma non dell’assoluzione con una vertenza ancora in atto a “Dottrina della Fede” dove i suoi accoliti si stanno adoperando per l’insabbiamento di prove inoppugnabili.

Il Padre Comune profittava della sua posizione di fondatore su delle ventenni col velo prendendosi tutte le licenze del caso sui loro capezzoli e sulle loro natiche.

Questo è il modello di Chiesa per il Lanzetta: due pesi e due misure.

Il Lanzetta poi si accanisce contro le riflessioni sulla Misericordia Divina del card. Kasper, credendo di essere il topolino che fa paura all’elefante.

E’ infatti il rigore punitivo, secondo lui, che converte il cuore dell’uomo, che ri-cristianizza una civiltà, che informa la cultura cristiana.

Fa poi nel suo pezzo l’apologia al clericalismo, un sistema che aveva permesso al “Padre Comune” di avere diritto di vita e di morte sui suoi sudditi in nome – secondo lui – dell’Immacolata e la sua causa.

Il Lanzetta, però, secondo l’esoterica e massonica formula della coincidenza degli opposti, stigmatizza il clericalismo nel momento in cui “perverte” la buona dottrina.

Ancora una volta ripetiamo: “Se non è zuppa è pan bagnato”; elementare come l’acqua minerale: liscia, gassata o Ferrarelle.

Il Lanzetta infine cita “l’inverno demografico” indotto dalla mentalità contraccettiva. Peccato per lui che questo valga soprattutto per l’Italia e non per altre feconde regioni del mondo che hanno portato l’umanità al superamento dei sette miliardi di abitanti.

La chiusura mentale, l’erudizione senza collegamento con la cultura, lo studio non sapienziale e le analisi da tavolino senza riscontro esperienziale e globale non fanno che ridicolizzare i “pontefici del sapere” come Lanzetta.

Don Giuseppe Lanzetta in Terra Santa guida uno di quei “pellegrinaggi bidone” finalizzati alle operazioni di fund raising per il movimento di Manelli.

C’è infine un’ultima chicca che proprio non vorremo perdere nel nostro commento.

Il Lanzetta crede di coniare un neologismo euristico con il termine di post-modernismo attribuito alla nostra epoca.

E’ l’ulteriore prova della sua ignoranza.

Il Lanzetta crede di applicare le categorie della crisi modernista alla nostra epoca che ingenuamente chiama per ovvi ed elementari motivi, postmodernista.

Ora il postmodernismo in quanto tale, oggetto di studio e già da tempo ampiamente riconosciuto nelle sue istanze di pensiero filosofico e non solo, si oppone proprio  alle ideologie moderniste e alle utopie illuministe, dichiarandone la fine.

Il concetto di postmodernismo contiene il senso di una posteriorità nei confronti del moderno, ma non tanto in riferimento cronologico, piuttosto nell’indicare un diverso modo di rapportarsi al moderno, che non è né di opposizione (antimoderno) né di superamento (ultramoderno).

Il postmodernismo in realtà ha condotto anche ad alcune conquiste utili per il genere umano, che avrebbero dato ragione proprio alla convinzione del Lanzetta di una Chiesa assediata da un pensiero dominante.

La ricerca costante di nemici in campo teologico ad esempio è la sfida fondamentale che il postmodernismo ha portato al grande convivio delle idee umane, in quanto ha cambiato il gioco, passando dall’autodeterminazione alla determinazione dell’altro.

Peccato che il suo effetto più immediato in Occidente pare essere stato la nascita di una generazione che è maggiormente interessata al pettegolezzo su internet che alla rivoluzione sociale.

Si conoscono infatti i limiti del tradiprotestantesimo odierno: tanto insulto e poca cultura.

Lo schermo e la tastiera di un computer in effetti risparmiano il confronto diretto e reale con chi la pensa diversamente e ha più argomenti di me.

E’ così che il Lanzetta vuole fare teologia?

Non conosce ormai la pacatezza. In ogni conferenza od omelia gesticola goffamente e sembra avere il sangue agli occhi di chi vuole imporre una sua idea che sa di essere discutibile e perdente. E’ un debole. (foto)

Nell’epilogo del suo diario, Primo Levi parla della decisione dei tedeschi di evacuare il campo di Auschwitz all’arrivo dell’Armata Rossa.  Lo scrittore ha la scarlattina e rimane in infermeria escluso dal trasferimento.

Coloro che intraprendono la “marcia liberatoria” vanno in realtà incontro alla morte come il suo amico Alberto.

Il provocatorio titolo “se questo è un teologo” rivolto al Lanzetta è allora speculare all’opera del Levi  “se questo è un uomo”.

Il Vitello(ne) dorato e adorato del Manelli ha suggerito al francescano dell’Immacolata Padre Serafino Lanzetta l’uscita dall’Ordine e la fuga all’estero come se un uomo fosse equiparabile ai milioni di euro sottratti all’Istituto e occultati nelle Isole Vergini.

E’ “la marcia liberatoria” degli irriducibili manelliani autodichiaratisi “prigionieri politici” della Chiesa proprio come le Brigate Rosse negli Anni di Piombo.

Il fanatico Manelli non poteva permettere come i Nazisti di avere testimoni scomodi in un prevedibile ravvedimento da parte di chi si fosse ritrovato non più sottomesso al suo giogo.

Fra qualche anno il quasi novantenne Manelli non ci sarà più e “il giovane” Lanzetta si ritrova già ad aver perso in nomine eius la vocazione francescana e il legame con la patria.

Il Lanzetta percepirà a ferite contratte e a fatto compiuto l’essere stato solo il pedone di una partita a scacchi.

La vanagloria indotta dai nobili fiorentini, “vignaioli perfidi”, ha fatto il resto nel condizionare e montare la testa ad un ragazzo di campagna che crebbe da pollo credendosi un’aquila.

Inutili e dannosi furono infatti gli anni vissuti dal Lanzetta ad Ognissanti di Firenze durante l’illusorio periodo restaurazionista post Summorum Pontificum.

A noi inoltre lascia sgomenti il fatto che il Manelli imponga “la marcia liberatoria” a persone che alla fine considera di seconda fascia non imponendo viceversa a nipoti frati e suore l’uscita dall’Istituto.

 

L’augurio che rivolgiamo al Lanzetta è di superare l’incantesimo che lo rende yes man(elliano) e a tutti noi di non essere più annoiati e disgustati dai suoi anacronistici e prevedibili manifesti ideologici filolefebvriani.

Se dovesse continuare così nella Chiesa accetti pure la proposta della diafana quarantenne inglesina da consolare e si sposi come “il collega” Lutero… se questo è un teologo.

Renderebbe maggiore servizio all’umanità!

Auguri!

 

«Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un sì o per un no.»