La verità sul Commissariamento dei Frati Francescani dell'Immacolata

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GENTE: NEL CONVENTO DEGLI ORRORI SI SPALANCA LA CRIPTA NERA

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GENTE: Avellino. Perquisizione choc all’Istituto Francescano dell’Immacolata

Soldi, abusi. E ora l’indagine per una morte sospetta. Tre inchieste cercano di far luce su Stefano Manelli, padre padrone del monastero

NEL CONVENTO DEGLI ORRORI
SI SPALANCA LA CRIPTA NERA

da Frigento (Avellino) Loredana Zarrella

Una cripta misteriosa, un frate morto in circostanze poco chiare, un giro vertiginoso di soldi destinati ai poveri e invece rimasti lì, in appositi conti correnti. Nel mezzo, il sospetto di plagi e abusi sessuali ai danni di decine di suore. Tutti elementi che hanno costretto i carabinieri a un nuovo sopralluogo a Frigento, cuore della provincia di Avellino. E così l’attenzione sui Frati Francescani dell’Immacolata è di nuovo massima.

E’ una vicenda, a metà tra Il nome della rosa di Umberto Eco e i romanzi fantareligiosi di Dan Brown, che dura addirittura dal 1998 quella che vede protagonista il convento irpino. Con al centro un solo, ambiguo personaggio: padre Stefano Manelli, 83 anni il prossimo 1° maggio. Lui che, attualmente indagato dalla procura di Avellino per violenza sessuale e maltrattamento e destituito dal ruolo di guida dell’ordine dalla Santa Sede, si è ritirato in una comunità religiosa a San Giovanni Rotondo. Il paese di San Pio, il frate dei miracoli al quale padre Manelli per decenni ha detto di rifarsi autoproclamandosi addirittura, secondo alcune testimonianze, depositario delle sue sacre stimmate.

Eppure c’è lo sguardo vigile della Santa Sede, ma anche quello più palpabile della magistratura sulla sua opera ecclesiastica. Su quell’ordine religioso che conta circa 700 religiosi tra frati e suore, sparsi in tutto il mondo, già commissariato nel 2013. Ora un bliz dei carabinieri ha scosso la quiete del convento irpino, lì dove padre Manelli avviò a partire dagli anni 70 una nuova esperienza di vita francescana sulle orme di san Massimiliano Maria Kolbe. Un progetto di fede che, secondo decine di testimonianze, si è infranto a partire dal 1990, dopo cioé che la Chiesa riconobbe il nuovo istituto. A quel punto si sarebbe instaurato progressivamente un vero culto verso il fondatore, un controllo assoluto e dispotico sulla vita dei religiosi e una vigilanza morbosa sui movimenti delle suore.

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Gente num. 17-2016, prima di copertina – vedi in basso a sinistra

FRA’ MATTEO MORI’ CADENDO IN UN POZZO E FU SEPOLTO NELL’IPOGEO

E’ per vederci chiaro che la Procura di Avellino ha dunque predisposto il sopralluogo nel convento e nel vicino santuario della Madonna del Buon Consiglio. Quindici carabinieri hanno ispezionato in particolare la cripta, la dispensa e il luogo dove venne ritrovato cadavere, nel 2002, frate Mattew Lim, rinvenuto in un pozzo cisterna. E hanno verificato tra l’altro le condizioni igieniche dell’ipogeo, uno spazio angusto interrato dove dal 2000 sono stati sepolti nove corpi, tra cui i genitori di Manelli, Settimio e Licia, dichiarati Servi di Dio dalla Chiesa, suore, frati e benefattrici che alla loro morte hanno lasciato i beni all’istituto di padre Stefano. Beni non esigui: si parla di parecchi ettari di terre, di appartamenti, di ville e negozi tra Roma e Perugia. Sarebbe stato proprio il fondatore a volere questa sorta di cimitero privato, in vista della creazione di un movimento religioso intorno al Santuario.
Una decisione che suscita non poche perplessità: perché, ci si chiede ora, far riposare nella cripta i resti di consacrati e laici, senza aver avuto il visto della Diocesi che è l’ente proprietario della struttura? E le autorizzazioni rilasciate a suo tempo dall’Asl e dal Comune, ora in mano ai carabinieri, sono tutte regolari?

Sepolto laggiù c’è appunto anche il frate filippino Mattew Lim, originario di Quezon City, che a 30 anni, nel luglio 2002, fu trovato esanime nel pozzo del convento. Un incidente, secondo gli inquirenti di allora che non trovarono sul corpo del frate tracce di colluttazione. Qualcuno, timidamente, azzardò l’ipotesi del suicidio. Ma i confratelli lo esclusero perché fra’ Matteo, come veniva chiamato, era gioviale e gran lavoratore. Oggi, alla luce di nuove testimonianze e incongruenze, si fanno largo sospetti ben diversi. E’ per questo che la Procura ha deciso di riaprire il caso per escludere che possa essersi trattato invece di omicidio.

Quanto alla dispensa, i militari sono andati alla ricerca di cibi scaduti. Tra le accuse mosse a padre Stefano da alcuni religiosi, infatti, c’era la costrizione a mangiare alimenti avariati. In questo senso, però, nessuna traccia di anomalia è stata trovata dagli agenti. Del resto, sarebbe stato difficile a tre anni di distanza, dal momento che le accuse risalgono al periodo precedente al 2013, quando un decreto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata, firmato dal prefetto Joào Braz de Aviz e approvato da Papa Francesco, dispose il commissariamento dell’Istituto per disordini interni alla vita religiosa.

Accanto alle indagini della Santa Sede e della Procura di Avellino, c’è poi anche quella avviata dalla Guardia di Finanza. Perché questa è anche una storia di soldi e nel mirino è finita la gestione di un cospicuo patrimonio: 30 milioni tra denaro e beni immobili sequestrati a due associazioni legate all’istituto, con un’ipotesi di reato pesantissima per truffa e falso ideologico. Un filone anche penale, avviato dall’avvocato Giuseppe Sarno, legale della gestione commissariale dell’ordine con un dossier da brivido. Che passa anche da giuramenti dell’orrore.

UN’EX SUORA: “DURANTE UN RITIRO SPIRITUALE MI TOCCO’ IL PETTO, DISSE CHE ERA UN MODO PER ACCAREZZARE GESU’ “

Un’ex suora racconta: “Il Manelli nel convento di Frattocchie, vicino Roma, ci disse che avremmo dovuto scrivere una formula con il sangue con cui ci impegnavamo a obbedire ai Padri Fondatori, specie a lui”. Ci sono poi i presunti vizi del religioso. Un’altra ex suora ha rivelato: “In occasione di un ritiro a Pietralcina, in un casolare di campagna, padre Stefano mi metteva la mano in petto e la muoveva in senso rotatorio. Alla mia sorpresa a quel gesto insolito disse che, poiché ero piena di Gesù e dell’Immacolata nel mio cuore, lui in quel modo li sentiva, era come se li accarezzasse. Ha continuato anche in seguito e ho notato che faceva questa cosa anche ad altre suore”. C’è chi racconta di veri tentativi di approccio da parte del frate: “Non vergognarti, considerami il tuo sposo”. E qualcuno parla anche di induzione alla prostituzione di alcune suore nei confronti di sedicenti benefattori del convento.

Papa Francesco è intervenuto. Con un decreto del 19 ottobre 2015 si sono dispensati tutti i membri religiosi dal voto privato di speciale obbedienza alla persona del fondatore. Il quale si dichiara innocente, anzi vittima di una macchinzione. “E’ tutto un complotto”, sostiene attraverso l’avvocato Enrico Tuccillo, “un golpe ordito da alcuni frati per mettere le mani sui soldi dell’istituto”.

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QUEI PATTI DI SANGUE. Uno dei giuramenti scritti con il sangue dalle suore. Il patto secondo le testimonianze era preteso da padre Manelli. Papa Francesco ha sciolto le religiose da ogni tipo di vincolo.

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LE ALTE SFERE VENIVANO PER LUI DAGLI STATI UNITI. Il cardinale americano Raymond Leo Burke, 88 anni, nel 2010 con padre Manelli e madre Michela Cozzolino, superiora delle suore francescane dell’Immacolata.

 

Loredana Zarrella
Gente, num. 17 – sett. 3/05/2016, pag. 37.

 

PADRE MANELLI, INDAGINE SULLE VIOLENZE (Il Mattino)

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Lo scandalo in convento

Padre Manelli, indagine sulle violenze

Nell’inchiesta della Procura anche i maltrattamenti.
Il Vaticano: provvedimenti
Gian Pietro Fiore
Padre Stefano Manelli, il fondatore dell’ordine dei frati Francescani dell’Immacolata, è indagato dalla Procura della repubblica di Avellino per i reati di violenza sessuale e di maltrattamento.
Il pubblico ministero, Adriano Del Bene, dopo aver meticolosamente vagliato una serie di testimonianze raccolte dai carabinieri del comando provinciale di Avellino ha iscritto nel registro degli indagati il frate al centro dello scandalo, che ha interessato il convento di Frigento.
La notizia è stata anticipata in esclusiva dal settimanale Giallo, che riferisce anche che la Procura sta anche indagando su una serie di morti sospette, così come segnalato nel corposo dossier consegnato agli inquirenti lo scorso 15 giugno. Sarebbero almeno una decina i casi presi in considerazione dagli investigatori che hanno portato all’iscrizione del frate nel registro degli indagati. Ascoltate dai carabinieri le persone che nel dossier venivano indicate come le vittime di violenze e maltrattamenti, hanno confermato quanto subito nel corso degli anni.
Ma i guai per il fondatore dei Frati Francescani dell’Immacolata non sono finiti qui: sono in arrivo dal Vaticano provvedimenti e sanzioni. Come riportato nel dossier nelle mani degli inquirenti e come accertato dagli investigatori alcune suore sarebbero state costrette a prostituirsi con potenti benefattori, che in cambio di derrate alimentari o offerte in denaro, avrebbero preteso come merce di scambio degli incontri sessuali con giovani suore.
Particolare toccante è la testimonianza di una suora, nel convento di Frigento dal 1992 al 1997 che ha dichiarato: “Non ci permettevano di curarci e di assumere farmaci. Avevo i valori del sangue sballati e quindi la necessità di essere visitata da un ematologo. Non ci fu nulla da fare. Mi risposero che ero fuori di testa”. E poi aggiunge: “Le penitenze erano continue e comunitarie. Alcune molto dolorose. La sera durante le preghiere dovevamo indossare il cilicio: una cintura di corda o di cuoio ruvida e cosparsa di nodi o di punte, che dovevamo portare sulla pelle per penitenza. Un altro oggetto di punizione era una frusta con dei chiodi appuntiti. Nel ferirmi mi ero anche infettata”.
Un frate, stretto collaboratore del commissario apostolico, riferisce: “Le suore hanno messo su un sistema lager che si materializza nei conventi di clausura. Suor Consiglia per punizione fa pure il pavimento con la lingua. Le suore filippine o africane che vengono mandate via, sono fatte spogliare nei bagni degli aeroporti e lasciate andare via senza abiti”. Più di una suora, inoltre ha messo nero su bianco i presunti vizi del frate indagato: “Lui (riferendosi a Manelli) ha una debolezza: toccare il petto delle suore, soprattutto quelle più formose, con la scusa di toccare la medaglia miracolosa che portiamo sul petto. Alcune suore sono state offerte a certi uomini e sono state costrette all’obbedienza. Lo stesso avevano fatto anche con me quando mi mandarono dal proprietario di un supermercato. Ho visto alcune sorelle andare a dormire tutte insieme nella stessa stanza. Una in particolare, parente di padre Manelli, chiedeva con insistenza tenerezze a noi sorelle. Ho visto commettere atti sessuali impuri nel corso di vere orge”. Al centro dell’inchiesta avellinese anche i patti di sangue con il quale le religiose erano costrette a firmare la loro devozione all’Istituto.

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L’Inchiesta

Le testimonianze

Molestie alle suore e patti sottoscritti con il sangue
Loredana Zarrella
Gli abusi, le molesti sessuali, l’obbligo di vergare con il sangue patti di fedeltà a Padre Stefano Manelli. Coercizioni psicologiche indirizzate a un disegno di un megalomane, tutt’altro che ispirato al divino.
I raggiri per raggranellare un bottino per milioni di euro, di cui solo briciole destinate alle missioni umanitarie. C’è questo nei fascicoli all’attenzione da un anno della Procura di Avellino che ha aperto diversi filoni di indagine sull’ormai noto caso dei Frati Francescani dell’Immacolata.
Un caso che, con l’iscrizione nel registro degli indagati di Padre Stefano Manelli, fondatore dell’Ordine, pare avviarsi alla conclusione. Il frate ottantaduenne sarebbe indagato per i reati di violenza sessuale e maltrattamento.
Decine di testimonianze raccolte dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria. Sono i racconti delle religiose fuoriuscite dall’Istituto fondato a Frigento da Padre Manelli e già raccolti nel dossier depositato lo scorso giugno dall’avvocato Giuseppe Sarno, il legale della gestione commissariale dell’Ordine che nel settembre 2014 aveva fatto scattare il filone di indagine, quello relativo al danno patrimoniale nei confronti dell’Istituto religioso.
Denuncia, questa, in cui si segnalavano presunte irregolarità nella gestione delle attività e dei beni di alcune associazioni laiche riconducibili all’Istituto, che portò il gip Fabrizio Ciccone a disporre il sequestro preventivo dei beni mobili e immobili, per un valore di 30 milioni di euro, di proprietà dell’ “Associazione Missione dell’Immacolata”, con sede a Frigento, e dell’ “Associazione Missione del Cuore Immacolato”, con sede a Benevento.
Truffa aggravata e falso ideologico i reati contestati. Il dissequestro, disposto poco dopo, non ha mai interrotto l’indagine delle Fiamme Gialle che, su disposizione della Procura, è scattata per fare chiarezza sulle intestazioni. Perché intestare questo cospicuo patrimonio a compagini associative trasformate negli statuti subito dopo il commissariamento, in modo, si presume, fraudolento, per consentire l’ingresso dei laici? Cosa aveva in mente il fondatore Padre Stefano Manelli? Si sospettano raggiri per eludere il controllo della Santa Sede e dirottare il denaro anche a singole persone. Tra l’altro, nessun dei frati e delle suore dell’Istituto, se non Padre Bernardino Abate e Suor Maria Consiglia De Luca di Calore Irpino, entrambi economi esclusivi dell’Istituto sin dalla sua nascita, sarebbero stati a conoscenza dell’ammontare dei beni delle associazioni vicine all’Istituto.
Parallela ai filoni avviati dalla magistratura c’è poi l’indagine della Santa sede che, dopo aver commissariato l’Istituto dei Frati Francescani dell’Immacolata nel 2013, nell’ottobre scorso ha disposto lo stesso provvedimento pure per il ramo femminile.
Nell’istituto femminile si anniderebbero le più serie derive, con i marchi fuoco, le punizioni estreme obbligatori di medievale memoria e il culto idolatra del fondatore, venerato da alcune suore come fosse già santo. Diventeranno mai cimeli venerabili i capelli e gli indumenti personali di Manelli avvolti in cellophane e conservati da alcun religiose, numerati, in uno scatolone, con tanto di scritta “reliquie di P. Stefano”?

Il Mattino: Patto di sangue, accuse a padre Stefano. Una perizia grafologica attribuisce al frate la firma in calce al giuramento

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Patto di sangue, accuse a padre Stefano. Una perizia grafologica attribuisce al frate la firma in calce al giuramento

di Loredana Zarrella

«Padre Stefano Maria» : è la firma apposta con una penna a inchiostro blu sotto la lettera firmata con il sangue da una suora il 21 maggio 1993, come patto di fedeltà al Fondatore della Congregazione. “Una firmaa autografa del fondatore dei Frati Francescani dell’Immacolata” secondo la perizia grafologica richiesta dall’avvocato Giuseppe Sarno, il legale della gestione commissariale dell’Ordine.

“Dall’analisi dei documenti in nostro possesso – scrive il consulente grafologo Gianluca Capra – e dai riscontri tecnici effettuati si deduce con elevata probabilità che la firma in verifica, apposta sul documento allegato alla seguente relazione tecnico peritale… a nome di “P. Stefano Maria” è riconducibile alla stessa persona firmataria dei documenti comparativi…”.

La perizia di parte conferma così quanto sostenuto finora dalle tante ex suore fuoriuscite dall’Istituto commissariato dalla Santa Sede nel 2013. Testimonianze venute fuori nel giugno scorso, con il dossier scandalo su quei patti di fedeltà che le consorelle sarebbero state costrette a sottoscrivere con il sangue.

Voci a cui il frate ultraottantenne aveva replicato nel novembre scorso attraverso la tv, nel programma di Rai Uno “La vita in diretta”. “Costrizioni, violenze, persecuzioni – aveva detto Manelli, – Non esistono queste cose. Non ricordo nulla, né di aver messo mai firme. L’unica firma che io metto è quella sul registro delle professioni religiose che si fanno con le sante messe, le celebrazioni, ecc. Non ricordo nulla anche perché, effettivamente, sono cose di 23 anni fa, eccetera. Non credo proprio, quindi”.

Dossier – L’analisi sarà posta all’attenzione degli inquirenti che indagano sulla vicenda.

La perizia parla invece di altro. Parla di una controfirma veritiera di Padre Manelli al patto di sangue, che ricorda i riti di affiliazione in uso tra i clan mafiosi; controbatte, in modo oggettivo, almeno al momento, in attesa di ulteriori verifiche, quanto invece contestato e smentito dal frate. “Sono solo fantasie – aveva detto Manelli, – accuse inventate dalle fuoriuscite come una specie di rivalsa perché dimostrati non idonei alla vita religiosa”. Perché inventarsi di aver firmato allora patti di fedeltà a lui e al suo cofondatore Padre Gabriele Maria Pellettieri?

La perizia, che sarà messa a disposizione degli inquirenti, si aggiunge al già corposo fascicolo sul caso dei Frati Francescani dell’Immacolata. Come elementi comparativi utili al lavoro di consulenza tecnico – grafica sono state utilizzate altre cartoline firmate da Padre Stefano Manelli.

Il Mattino – Irpinia – ed. 6 gennaio 2016

CORRIERE TV: VITA DA SUORA, ANNI DI VESSAZIONI IN FORZA DI QUEL PATTO DI OBBEDIENZA SCRITTO COL SANGUE

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Vita da suora, anni di vessazioni in forza di quel patto di obbedienza scritto col sangue

Due documenti inediti: una lettera scritta col sangue e un marchio a fuoco. Violenza e sottomissione nell’inchiesta della procura di Avellino sull’istituto religioso dei frati dell’Immacolata: in un dossier storie di presunte vessazioni, abusi, strani giri di denaro e perfino istigazione alla prostituzione. – Amalia De Simone /Corriere TV

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Le macchie di sangue sono così intense che le frasi che tracciano sembrano ferite ancora aperte. Eppure sono passati ormai 22 anni. Ventidue anni da quella notte in cui alcune suore giurarono obbedienza in una cappella con un rito simile alla «pungiuta», usata dalla ‘ndrangheta per affiliare i membri del clan. È il racconto di una donna che è stata per 12 anni una suora e che insieme ad altre sue consorelle con quel rito dice di aver promesso devozione e fedeltà a padre Stefano Manelli, cofondatore dell’istituto religioso dei frati dell’Immacolata, istituto di diritto pontificio con sede principale a Frigento (Avellino) e con una costellazione di conventi in tutto il mondo. Un documento citato in un dossier sulle cui testimonianze indagano i pm della procura di Avellino e in cui si raccontano storie di presunte vessazioni, abusi, violenze, strani giri di denaro e perfino istigazione alla prostituzione.

Calunnie secondo Manelli, assistito dall’avvocato Enrico Tuccillo. Il dossier fu assemblato dal commissario apostolico del Vaticano, padre Fidenzio Volpi, nominato nel 2013 dopo la sospensione del superiore Padre Stefano Manelli. L’esposto che conteneva il documento, fu presentato all’autorità giudiziaria dal legale Giuseppe Sarno dopo l’improvvisa morte di monsignor Volpi, avvenuta lo scorso giugno. Nel documento ci sono numerose dichiarazioni di frati, suore e familiari di religiosi che tracciano un quadro cupissimo della gestione dell’istituto dedicato all’Immacolata. La promessa di obbedienza vergata col sangue che mostriamo insieme ad alcune testimonianze non è l’unico documento inedito: c’è anche la fotografia di una suora marchiata a fuoco. E questa volta a parlare non sono solo parole sulla carta: «Ho già testimoniato in Vaticano e sono disposta a far esaminare la lettera scritta col sangue e poi controfirmata da padre Stefano Manelli, dai periti della procura. Lo faccio perché ho il dovere di far emergere cosa accadeva in quei conventi lager, dove ci sono ancora nostre sorelle che soffrono».

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«Ti devi fare santa» era questa la parola d’ordine utilizzata secondo quei racconti, per convincere suore e frati a sopportare la sofferenza di malattie senza potersi curare, mangiare cibi scaduti e frustarsi: «Mangiavamo la cenere nei pasti e spesso lo facevamo in ginocchio – racconta un’altra ex suora che ora vive in sud America – La sera ci frustavamo con la disciplina, uno strumento con delle punte di ferro. Mentre lo facevamo dovevamo pregare e gli schizzi di sangue imbrattavano i muri. Portavamo anche un cuore fatto con dei chiodini. Lo mettevamo a contatto con la pelle. Io mi sono anche marchiata a fuoco due volte». Dichiarazioni su cui la pm Adriana Del Bene della procura di Avellino ha disposto indagini. Ma in procura non c’è un solo fascicolo: c’è infatti anche un’indagine per truffa aggravata e falso ideologico che ha portato al sequestro di 30 milioni di euro a due associazioni legate all’istituto. Il tribunale del riesame ha poi dissequestrato i beni ma la procura ha proposto ricorso in Cassazione e l’avvocato Sarno ha interpellato sul caso anche il tribunale civile.

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Le indagini del procuratore Rosario Cantelmo e del pm Fabio Del Mauro sono focalizzate su una serie di condotte fraudolente che sarebbero state attuate per poter mantenere il controllo sui cospicui patrimoni dell’istituto, così da impedire al commissario apostolico (nominato dalla Santa Sede) di governare l’ordine religioso. Pochi giorni fa la Santa Sede ha commissariato anche l’istituto religioso delle suore. I soldi sono un capitolo molto importante anche nel secondo fascicolo, quello sugli abusi. A parlare è ancora una volta la principale testimone della vicenda che lancia accuse gravissime di presunti casi di induzione alla prostituzione: «Ci mandavano da alcuni “benefattori” molto ricchi e ci chiedevano di essere accondiscendenti. Io mi sono tirata indietro. Anche Manelli aveva modi ambigui». Un atteggiamento raccontato anche nel dossier: «Stavo male quando facevo direzione spirituale con padre Manelli perché facendolo sembrare un fatto naturale spingeva la mia mano verso le sue parti intime».

Nelle pagine raccolte da monsignor Volpi ci sono anche altre descrizioni del genere. Enrico Tuccillo, avvocato di padre Manelli, parla del suo assistito come di un perseguitato e paragona la sua vicenda a quella di figure di Santi come quella di San Pio o San Francesco: «Padre Stefano Manelli desidera vivere in povertà, vuole vivere secondo l’ispirazione tradizionale della chiesa, tutto il resto sono delle strumentalizzazioni e sono delle non verità. Per quanto concerne la truffa credo che il tribunale del riesame abbia già chiarito con il rigetto che non esiste né truffatore né truffato. Poi c’è l’altro filone quello dei dossier delle suore costrette a leccare i pavimenti. È ridicolo e triste. Noi abbiamo già presentato tre denunce per calunnia alla Procura della Repubblica di Avellino».

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Campania. Dossier sui misteri del convento. L’accusa: «Suore firmavano voti di obbedienza col sangue»

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di Loredana Zarrella

Frigento. Suore costrette a sottoscrivere col sangue voti di obbedienza ai fondatori; consorelle costrette a subire molestie e a consumare solo cibi scaduti, nonostante i lauti proventi dei benefattori; vocazioni forzate e confessioni sacramentali utilizzate come mezzo di ricatto. Sono alcuni degli elementi presenti nel nuovo e corposo dossier inviato alla Procura della Repubblica di Avellino che sulla vicenda dell’Istituto dei Frati Francescani dell’Immacolata ha aperto un fascicolo. L’istituto è già stato commissariato dalla Santa Sede nel 2013 e, dal marzo scorso, è finito sotto i riflettori delle Fiamme Gialle per i reati contestati di truffa aggravata e falso ideologico. I nuovi documenti sono stati depositati da Giuseppe Sarno, l’avvocato che nello scorso settembre, nell’interesse dei nuovi vertici della Congregazione, aveva sporto querela-denuncia segnalando le presunte irregolarità nella gestione dei patrimoni e avviato così le indagini congiunte da parte della Procura e della Finanza.
Con le carte appena consegnate un nuovo scenario, fatto di presunti abusi, atti di libidine e prevaricazioni attuate dal fondatore Padre Stefano Maria Manelli, viene a sovrapporsi a quel mondo sommerso di ingenti movimenti di denaro, e di beni mobili e immobili che sarebbero stati affidati illecitamente a laici, su cui sono puntati i riflettori degli inquirenti. Si parla di fanatismo, culto idolatrico verso il fondatore della Comunità e dei suoi presunti atteggiamenti autoritari, possessivi e narcisisti, volti al controllo assoluto e incondizionato di frati e suore, molti di cui stranieri, nel convento di Frigento e negli altri sparsi in tutta la Penisola.

Pesantissime e inquietanti le accuse a lui rivolte dalle decine di suore ed ex-religiose soprattutto, uscite fuori dall’Istituto per le vessazioni, i ricatti e le mortificazioni subite, a partire da quel patto di fedeltà assoluta che erano costrette a vergare con il sangue dei polpastrelli punti con un ago, secondo un rito settario che confermerebbe la sete di potere e di esaltazione del frate, ora rifugiato a San Giovanni Rotondo in un convento di suore.

Le numerose testimonianze, depositate presso la Santa Sede già a partire dal 1998, coprono venti anni circa di «terrorismo psicologico, di ossessività con cui le suore vicine al fondatore insistevano affinché i soggetti indicati, attraverso una presunta profezia, da Manelli, entrassero in convento». Oltre ai tanti racconti di «vocazioni forzate e di confessioni sacramentali utilizzate come mezzo di calunnia e ricatto», dagli atti emerge pure lo stato di miseria in cui vessavano le suore, diventate cieche o malate a seguito di una cattiva alimentazione. Eppure, enorme era il giro di soldi all’interno dell’Istituto, si racconta. Mistero anche sulla destinazione della beneficenza per le missioni, visto che in Africa e in Brasile le ex religiose raccontano di stenti mentre il denaro tornava indietro in Italia.

Dove sono finiti i milioni di vecchie lire che ogni giorno le suore, mandate in giro per tutto il centro-sud, riuscivano a racimolare? I nuovi vertici dell’Istituto, di nomina vaticana, si battono da tempo per far chiarezza.

Gli inquirenti dovranno far luce pure sulla vicenda di Adriana Pallotti, la 98enne di San Giovanni Rotondo che ha denunciato il raggiro di Padre Manelli e Padre Pellettieri. L’anziana sarebbe stata convinta da questi a cambiare lo statuto della Onlus da lei costituita nel 2006, la «Fondazione della Divina Volontà di Adriana Pallotti», con il fine ultimo, a lei nascosto, di sciogliere l’Organizzazione non lucrativa per devolvere tutto il suo patrimonio all’ «Associazione Missione dell’Immacolata» di Frigento, già indagata insieme all’«Associazione Missione del Cuore Immacolato», per la titolarità, a quanto pare illecita, di beni mobili e immobili, nonché per le disponibilità finanziarie, per un valore di 30milioni di euro, ora sotto sequestro preventivo.

La nuova denuncia, che arriva dalla Puglia, parla di 1,5 milione di euro, tra beni mobili e immobili, compreso lo stabile in cui abita la signora, costretta a difendersi per via legale dopo che le era stato intimato lo sfratto.

martedì 16 giugno 2015 – 09:02   Ultimo agg.: 13:04
REPLICA WEB

Inchiesta sui misteri del convento. Il legale: «Accuse prive di fondamento»

Il legale del fondatore dell’Ordine dei Francescani dell’Immacolata, Padre Stefano Manelli, e della Superiora dell’Ordine femminile, Suor Michela Cozzolino, ha annunciato la presentazione di una denuncia-querela «per calunnia, diffamazione, ed ogni altro reato che dovesse emergere» nei confronti «di ogni responsabile» della diffusione di notizie su presunti «abusi, atti di libidine e prevaricazioni» commessi da Padre Manelli nei confronti delle suore della Congregazione.

«Riteniamo pura follia e prive di ogni fondamento tali affermazioni – afferma l’avvocato Enrico Tuccillo – le notizie in circolazione e ci riserviamo di agire a tutela degli interessati».

All’interno dell’Ordine dei Francescani dell’Immacolata, fondato nel 1970 a Frigento (Avellino) da Padre Stefano Manelli, nota figura di religioso, i cui genitori sono stati dichiarati Venerabili della Chiesa, ed al quale continuano a fare riferimento una parte dei religiosi e le associazioni dei laici, è in atto una controversia dottrinale e legata alla gestione del patrimonio.

Il 26 marzo scorso la Guardia di Finanza di Avellino, su disposizione della Procura ha sequestrato beni per circa 30 milioni a due associazioni di laici vicine al fondatore dei Francescani dell’Immacolata, accusate di falso ideologico e truffa, affidandone la custodia al Commissario dell’Ordine nominato dalla Santa Sede, padre Fidenzio Volpi, morto il 6 giugno scorso.

«Proprio mentre si è in attesa della nomina del nuovo Commissario della Congregazione – afferma l’avvocato Tuccillo – queste accuse assolutamente slegate da ogni realtà fanno nascere negli interessati il sospetto di un progetto criminoso, strumentale, e diffamatorio»

martedì 16 giugno 2015 – 12:58   Ultimo agg.: 12:59