La verità sul Commissariamento dei Frati Francescani dell'Immacolata

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IL MATTINO. PADRE MANELLI, GESTITI BENI PER 30 MILIONI DI EURO

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Frigento: L’inchiesta sulla gestione dell’Istituto religioso

PADRE MANELLI, GESTITI BENI PER 30 MILIONI DI EURO

La Finanza verifica tutte le fonti del Patrimonio, per escludere ipotetiche provenienze illecite

Loredana Zarrella

Il denaro quale nervo della guerra tra la Santa Sede e la rete di associazioni vicine all’Istituto dei Francescani dell’Immacolata fondato a Frigento da Padre Stefano Maria Manelli. Trenta milioni di euro, sparsi in tutta Italia, tra beni mobili e immobili, nonché disponibilità finanziare giacenti su numerosi conti correnti, oggetto, in questi ultimi mesi, di ipotesi transattive naufragate. Così, tra accordi mancati e risposte taciute, l’inchiesta congiunta della Procura di Avellino e dalla Guardia di Finanza prosegue, sotto il filone diretto dal pm Fabio Del Mauro. Da dove provengono questi 30 milioni? Tutti lasciti dei benefattori? Un patrimonio gestito in buona fede da laici, subentrati ai religiosi nelle compagini associative per avvalorare il voto di povertà fatto dai frati e dal suo Fondatore? Proprio così, ha sempre sostenuto l’avvocato Enrico Tuccillo per conto di Padre Manelli, attualmente indagato per abusi sessuali e maltrattamento nei confronti delle suore. Il dubbio della Chiesa e dei paladini di questa battaglia, commissari e legali rappresentanti compresi, è che sotto questa parvenza di legalità e trasparenza vi sia invece una rete intricata, forse poco lecita, di passaggi di mano, di intestazioni fittizie e trasferimenti vari di denaro, anche tra l’estero e l’Italia. Tra il patrimonio delle associazioni finite sotto inchiesta, ossia l’«Associazione Missione dell’Immacolata» e l’«Associazione Missione del Cuore Immacolato», 59 fabbricati, 17 terreni, un impianto radio-tv, 5 impianti fotovoltaici, 102 autovetture. Beni sequestrati e poi rimessi in libertà. Due le proposte di transazione avanzate dalla Chiesa, tramite i commissari e l’avvocato Giuseppe Sarno, a Enrico Tuccillo, difensore di Padre Manelli. Una lo scorso settembre, l’altra poco più di un mese fa. Con la prima ipotesi transattiva si chiedeva, in sostanza, la dimissione degli amministratori laici delle tre associazioni (Missione dell’Immacolata, Missione del Cuore Immacolato e Casa Mariana Editrice) e il ritorno agli statuti originari. I beni delle tre compagini sarebbero stati devoluti alla Chiesa che li avrebbe ridistribuiti, secondo criteri di equità, in parte al ramo maschile in parte al ramo femminile dell’Istituto. Negativa la risposta dell’avvocato Tuccillo che aveva comunicato la già totale indifferenza alla patrimonialità da parte di Padre Manelli e di Suor Cozzolino, secondo la regola di San Francesco. Agli inquirenti risulta intanto l’assenza, dopo il 2012, di ogni scrittura contabile. Possibile che difronte a un patrimonio di 30 milioni di euro non vi fosse un bilancio ma solo un’amministrazione condotta alla buona da Suor Consiglia De Luca e Padre Bernardino Abate, tenuta nascosta agli altri religiosi? Ingente il giro di denaro. Tanto ingente da non lasciare la Chiesa e la Finanza indifferenti. Dati alla mano, riferiti agli immobili acquistati solo a Frigento, estrapolati dagli atti notarili di compravendita: 1.488.000,00, ad esempio, la cifra totale pagata, espressa in euro, per l’allora rinomato complesso alberghiero, anche pizzeria e ristorante per cerimonie denominato «Abbazia Park Hotel».

CORRIERE TV: VITA DA SUORA, ANNI DI VESSAZIONI IN FORZA DI QUEL PATTO DI OBBEDIENZA SCRITTO COL SANGUE

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Vita da suora, anni di vessazioni in forza di quel patto di obbedienza scritto col sangue

Due documenti inediti: una lettera scritta col sangue e un marchio a fuoco. Violenza e sottomissione nell’inchiesta della procura di Avellino sull’istituto religioso dei frati dell’Immacolata: in un dossier storie di presunte vessazioni, abusi, strani giri di denaro e perfino istigazione alla prostituzione. – Amalia De Simone /Corriere TV

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Le macchie di sangue sono così intense che le frasi che tracciano sembrano ferite ancora aperte. Eppure sono passati ormai 22 anni. Ventidue anni da quella notte in cui alcune suore giurarono obbedienza in una cappella con un rito simile alla «pungiuta», usata dalla ‘ndrangheta per affiliare i membri del clan. È il racconto di una donna che è stata per 12 anni una suora e che insieme ad altre sue consorelle con quel rito dice di aver promesso devozione e fedeltà a padre Stefano Manelli, cofondatore dell’istituto religioso dei frati dell’Immacolata, istituto di diritto pontificio con sede principale a Frigento (Avellino) e con una costellazione di conventi in tutto il mondo. Un documento citato in un dossier sulle cui testimonianze indagano i pm della procura di Avellino e in cui si raccontano storie di presunte vessazioni, abusi, violenze, strani giri di denaro e perfino istigazione alla prostituzione.

Calunnie secondo Manelli, assistito dall’avvocato Enrico Tuccillo. Il dossier fu assemblato dal commissario apostolico del Vaticano, padre Fidenzio Volpi, nominato nel 2013 dopo la sospensione del superiore Padre Stefano Manelli. L’esposto che conteneva il documento, fu presentato all’autorità giudiziaria dal legale Giuseppe Sarno dopo l’improvvisa morte di monsignor Volpi, avvenuta lo scorso giugno. Nel documento ci sono numerose dichiarazioni di frati, suore e familiari di religiosi che tracciano un quadro cupissimo della gestione dell’istituto dedicato all’Immacolata. La promessa di obbedienza vergata col sangue che mostriamo insieme ad alcune testimonianze non è l’unico documento inedito: c’è anche la fotografia di una suora marchiata a fuoco. E questa volta a parlare non sono solo parole sulla carta: «Ho già testimoniato in Vaticano e sono disposta a far esaminare la lettera scritta col sangue e poi controfirmata da padre Stefano Manelli, dai periti della procura. Lo faccio perché ho il dovere di far emergere cosa accadeva in quei conventi lager, dove ci sono ancora nostre sorelle che soffrono».

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«Ti devi fare santa» era questa la parola d’ordine utilizzata secondo quei racconti, per convincere suore e frati a sopportare la sofferenza di malattie senza potersi curare, mangiare cibi scaduti e frustarsi: «Mangiavamo la cenere nei pasti e spesso lo facevamo in ginocchio – racconta un’altra ex suora che ora vive in sud America – La sera ci frustavamo con la disciplina, uno strumento con delle punte di ferro. Mentre lo facevamo dovevamo pregare e gli schizzi di sangue imbrattavano i muri. Portavamo anche un cuore fatto con dei chiodini. Lo mettevamo a contatto con la pelle. Io mi sono anche marchiata a fuoco due volte». Dichiarazioni su cui la pm Adriana Del Bene della procura di Avellino ha disposto indagini. Ma in procura non c’è un solo fascicolo: c’è infatti anche un’indagine per truffa aggravata e falso ideologico che ha portato al sequestro di 30 milioni di euro a due associazioni legate all’istituto. Il tribunale del riesame ha poi dissequestrato i beni ma la procura ha proposto ricorso in Cassazione e l’avvocato Sarno ha interpellato sul caso anche il tribunale civile.

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Le indagini del procuratore Rosario Cantelmo e del pm Fabio Del Mauro sono focalizzate su una serie di condotte fraudolente che sarebbero state attuate per poter mantenere il controllo sui cospicui patrimoni dell’istituto, così da impedire al commissario apostolico (nominato dalla Santa Sede) di governare l’ordine religioso. Pochi giorni fa la Santa Sede ha commissariato anche l’istituto religioso delle suore. I soldi sono un capitolo molto importante anche nel secondo fascicolo, quello sugli abusi. A parlare è ancora una volta la principale testimone della vicenda che lancia accuse gravissime di presunti casi di induzione alla prostituzione: «Ci mandavano da alcuni “benefattori” molto ricchi e ci chiedevano di essere accondiscendenti. Io mi sono tirata indietro. Anche Manelli aveva modi ambigui». Un atteggiamento raccontato anche nel dossier: «Stavo male quando facevo direzione spirituale con padre Manelli perché facendolo sembrare un fatto naturale spingeva la mia mano verso le sue parti intime».

Nelle pagine raccolte da monsignor Volpi ci sono anche altre descrizioni del genere. Enrico Tuccillo, avvocato di padre Manelli, parla del suo assistito come di un perseguitato e paragona la sua vicenda a quella di figure di Santi come quella di San Pio o San Francesco: «Padre Stefano Manelli desidera vivere in povertà, vuole vivere secondo l’ispirazione tradizionale della chiesa, tutto il resto sono delle strumentalizzazioni e sono delle non verità. Per quanto concerne la truffa credo che il tribunale del riesame abbia già chiarito con il rigetto che non esiste né truffatore né truffato. Poi c’è l’altro filone quello dei dossier delle suore costrette a leccare i pavimenti. È ridicolo e triste. Noi abbiamo già presentato tre denunce per calunnia alla Procura della Repubblica di Avellino».

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IL MATTINO: FRATI FRANCESCANI, NIENTE DISSEQUESTRO PER I BENI

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E’ stata respinta la richiesta presentata ai magistrati dai legali delle Associazioni

Loredana Zarrella

Frigento. A nulla è valsa l’istanza presentata al giudice del Riesame per il dissequestro dei 30 milioni di beni mobili e immobili di proprietà delle Associazioni «Missione dell’Immacolata» e «Missione del Cuore Immacolato», riconducibili all’Istituto dei Frati Francescani dell’Immacolata fondato da Padre Stefano Maria Manelli.

Il provvedimento cautelativo, reso esecutivo lo scorso marzo dal Giudice per le indagini preliminari Fabrizio Ciccone, è stato riconfermato dal Tribunale del riesame dopo che era stata avanzata dalla parte offesa regolare richiesta di revoca del sequestro. L’istanza, presentata entro dieci giorni dal momento in cui sono scattati i sigilli della Finanza, così come la legge consente, ha prodotto come effetto la riconvalida dell’azione preventiva.

Il Tribunale competente in materia, dopo aver raccolto gli atti del Gip, ha ritenuto di rigettare la richiesta di revoca, legittimando così la custodia giudiziaria di 59 fabbricati, 17 terreni, un impianto radio-tv, 5 impianti fotovoltaici dislocati su tutto il territorio nazionale, 102 autovetture, oltre a saldi giacenti su numerosi rapporti di natura finanziaria. Beni mobili e immobili, e disponibilità finanziarie, che erano stati investiti dal decreto di sequestro preventivo «considerata l’elevata probabilità che le cospicue possidenze patrimoniali dei due Enti Religiosi (ndr vicini al fondatore Padre Stefano Manelli) possano essere oggetto di ulteriori atti di disposizione patrimoniale» e per evitare che «una nutrita movimentazione di denaro sia in entrata sia in uscita» venga registrata ancora negli estratti conto delle associazioni.

L’accusa resta sempre quella di falso ideologico e truffa. Il sospetto, maturato dopo aver accertato gli ingenti passaggi di proprietà dopo modifiche statutarie delle compagini associative, è che artifici e raggiri siano stati messi in atto per gonfiare le tasche di laici e soggetti non legittimati, con il conseguente danno patrimoniale per l’Istituto dei Frati Francescani dell’Immacolata, commissariato dalla Santa Sede nel 2013. Operazioni taciute al commissario apostolico Padre Fidenzio Volpi, deceduto il 7 giugno scorso e ora in procinto di essere sostituito dal Vaticano da una «terna» di cui non è ancora stata comunicata la composizione.

Il Mattino – Avellino, edizione del 27 giugno 2015