La verità sul Commissariamento dei Frati Francescani dell'Immacolata

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IL COMITATO DIABOLICO

COMITATO  DIABOLICO - 2

il comitato diabolico

Circola in rete una nuova testimonianza di Padre Alessandro Calloni. Il coinvolgimento di un gruppo di laici, fanatici nei confronti del Fondatore, sta creando solo nuove tensioni e rivelando fatti sempre più gravi. Il Commissariamento era un “atto dovuto” ma da solo o limitato al ramo maschile non potrà ristabilire la giustizia e la pace.

IL COMITATO DELL’IMMACOLATA

Qualche giorno fa, alcuni amici, mi hanno inviato un testo, scritto da un sedicente Comitato dell’Immacolata, che sembra presentarsi come portavoce ufficiale di un gruppo di frati francescani dell’Immacolata, oramai, da più di un anno, in conflitto stabile con le direttive date dal Santo Padre e dalla Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata. Purtroppo, a capo di questo gruppo di frati disobbedienti c’è, addirittura, il Padre Fondatore, Stefano Maria Manelli, il quale, capeggiando direttamente e astutamente la “rivolta” (frati e laici, in conflitto con la Chiesa Cattolica, che rispondono solo a lui), dimostra più che mai, come certi doni dati da Dio ad alcuni dei suoi figli (per es. il carisma fondazionale), appartenendo alla qualità soprannaturale della gratia gratis data, non affermano la santità del “destinatario”, ma lo abilitano, semplicemente, ad agire per il bene degli altri; cioè a guidarli, aiutarli, disporli alla vita di unione con Dio; restando ferma la verità, che il Fondatore stesso dovrà commisurarsi quotidianamente con la perfezione del dono fattogli, vivendone la sua personale fedeltà (cosa per nulla scontata: basti pensare al Fondatore dei Legionari di Cristo, Padre Marcial Maciel Degollado). Ora, il sedicente Comitato, ha pubblicato una lettera di risposta a un internauta (non intendo interessarmi della loro diatriba), dove si fanno, purtroppo, alcune affermazioni false, e si esprimono dei contenuti per nulla corrispondenti alla reale verità dei fatti. Li esamineremo ora, uno per uno, per mostrarne gli errori.

1) Padre Stefano Manelli è presentato come: “un vecchio inerme e indifeso…. che utilizza il suo tempo nella preghiera e lo studio”. Non sembra proprio che Padre Stefano possa essere presentato come una persona inerme, viste le volte che “fugge” dai conventi, senza alcun permesso (l’ultima, da San Giovanni Rotondo a Villa Santa Lucia); oppure quando, scaltramente, organizza appuntamenti nei momenti che sa che il superiore è impegnato, e non lo può scoprire (celebrare la s. Messa, ecc.). Non mi sembra inerme neanche quando chiama al telefono i frati per “ordinar loro” di lasciare la vita religiosa (com’è testimoniato dalle lettere presenti in Congregazione), né quando incontra le Autorità ecclesiastiche calunniando i frati – e su richiesta di codeste (Autorità) di mettere il tutto per iscritto, chiaramente, rifiuta; non potendo provare le sue false affermazioni. Sono solo alcuni esempi, ma se ne potrebbero elencare molti di più.

Indifeso? Da chi e da che cosa? È stato minacciato, picchiato, ecc.? Se mai siamo noi a doverci “difendere” dagli “avvertimenti” dei famigliari di Padre Stefano, che pretendono di fare e disfare le comunità del nostro Istituto a misura dei desideri del fratello, paventando chissà quali ritorsioni, qualora a Padre Manelli accada…: che cosa? Ma di che cosa hanno il coraggio di parlare queste persone? Recuperassero almeno il pudore del silenzio.

Preghiera e studio. In effetti questa è l’immagine che ama dare di sé all’esterno. Anche nell’ultimo colloquio avuto con lui, si fece trovare con il Rosario in mano e con un libro di mariologia davanti a sé, ringraziando per la possibilità datagli, di poter pregare e studiare; salvo poi mentirmi due volte in pochi minuti su di alcune vicende importanti del nostro Istituto. Ricordo che quando gli feci notare che ero in possesso di scritti che dicevano l’esatto contrario di quello che lui affermava, e che li avevo nella camera accanto e, qualora volesse, potevo andare a prenderli per mostrarglieli, abbassò la testa e cambiò immediatamente discorso. Fu uno dei momenti più tristi dei miei, più che vent’anni, di vita religiosa francescana; lo guardavo mentre tutto serio mi raccontava fatti inesistenti, e tra me dicevo: “non è possibile, ma guarda come mente…”. Comunque, il resoconto di quella triste mattinata, nel convento di Casalucense, sta in Congregazione, visto che parlammo anche di altre cose, dove il Padre, non intendeva rispettare i desideri del Santo Padre e della Congregazione. Se sono questi i frutti della preghiera e dello studio…

2) Cercano di colpevolizzarlo e di accusarlo di non intervenire per mettere pace… è come se il nostro anonimo accusatore scrivesse: “Caro Padre Stefano, dopo che ti abbiamo tolto tutti i poteri di governo e ridotto a semplice frate, nonostante tu sia privato di ogni autorità, ora devi intervenire per ristabilire la concordia”. Quante volte abbiamo sentito (purtroppo, però solo a parole, visto il suo comportamento dopo il commissariamento dell’Istituto) il Padre, parlare del desiderio che aveva di poter fare il frate semplice; di poter obbedire e di potersi ritirare; quindi nessuno, sembra avergli fatto un torto, togliendogli il potere, ecc. Nella lettera, però, non si specifica chi glielo avrebbe tolto questo potere: forse il Papa? Oppure un organo ufficiale rappresentante la Santa Sede? Se si: qual è il problema? Quando un numero notevole di frati chiede alla Santa Sede d’intervenire, perché crede che nel loro Istituto siano “entrati” dei problemi di natura dottrinale, di abuso del potere di comando, di gestione del denaro e dei beni materiali, forse che l’Autorità ecclesiastica, possa far finta di nulla, solo perché a voi, evidentemente, va bene così? Di questo, in specifico, ci occuperemo più avanti.

Per tornare al nostro argomento, desidero chiedere al Comitato (dell’Immacolata?), se crede che serva, necessariamente, un’autorizzazione canonica per “comandare” un comportamento consono a un religioso della Chiesa cattolica che, avendo rifiutato l’autorità della Santa Sede e del Papa, ora riceve ordini, unicamente da te (Padre Stefano Manelli).

Volete che ve lo spieghi io, o preferite che sia l’Autorità ecclesiastica legittima, a spiegarvi chi sia stato a ordinare ai frati, dopo il commissariamento, di ostacolare in tutti i modi illeciti, per un vero francescano, il lavoro del Commissario apostolico, con le lettere di rimostranza, i certificati medici, le perizie psicologiche, i ricoveri ospedalieri ad personam, le latitanze, le irreperibilità, le fughe dalle parrocchie, ecc., per “obbligare” il Commissario a comminare delle sanzioni, gridando poi allo scandalo ed alle persecuzioni.

3) Se ripercorriamo i fatti, vediamo che è proprio la famiglia religiosa a non esistere più; pertanto non esistono più i fratelli in senso stretto, figli di uno stesso padre, perché alcuni di loro non si riconoscono più nel loro Fondatore. È tipico della logica autentica – quella che considera la verità come un valore – desiderare di risolvere le questioni che la interpellano, riconducendo l’insieme dei termini (della questione) al loro fondamento ultimo. Arrestarsi al/ai fondamenti intermedi, significa “espellere” la verità dalla conclusione, consegnando la questione alla tirannia del sofisma, artifizio retorico, tipico degli ideologi, perennemente strutturati, intellettualmente, in visioni di natura riduttiva e settoriale. Nessun frate, infatti, rifiuta il fondatore (ecco il sofisma); quello che si è rifiutato è una modalità comportamentale, di scelte di governo e, soprattutto, di alcune visioni teologiche, del fondatore. Una famiglia religiosa, inoltre, non esiste o viene meno in ragione del fondatore. Quest’ultimo è solo un fondamento intermedio, poiché, l’analogato principale ultimo e fondativo di un Istituto religioso, è un’autorità certamente più alta: la stessa che fonda il fondatore e al quale, quest’ultimo, deve necessariamente ubbidire – pena il suo stesso dissolvimento come religioso-fondatore. Basterebbe consultare il CIC, can. 590 “Gli Istituti di vita consacrata, in quanto dediti in modo speciale al servizio di Dio e di tutta la Chiesa, sono per un titolo peculiare soggetti alla suprema autorità della Chiesa stessa. I singoli membri sono tenuti ad obbedire al Sommo Pontefice, come loro supremo Superiore, anche a motivo del vincolo sacro di obbedienza”. E ancora: can. 593: “Fermo restando il disposto del can. 586, gli Istituti di diritto pontificio sono soggetti in modo immediato ed esclusivo alla potestà della Sede Apostolica in quanto al regime interno e alla disciplina”. È chiaro che alla luce di questi due semplici canoni del DIC, tutto il punto 3 si dissolve da sé, implodendo per la sua nullità di contenuto e per la “stravaganza” intellettuale dello stesore stesso. Come fa a non esistere più una famiglia religiosa che nella stragrande maggioranza, dei suoi frati, obbedisce al Sommo Pontefice e alla Santa Sede? Solo una mente a-cattolica può non rendersi conto che il fondamento ultimo del nostro Istituto religioso, non è un padre (il Fondatore), ma una madre: la Santa Madre Chiesa, con a capo il Santo Padre. Sono solo un piccolo numero di frati che non riconoscendo più il fondamento ultimo della cattolicità, la Chiesa, il Papa, la Santa Sede, si sono estraniati dall’Istituto, eleggendo come “Assoluto” chi, di fatto, in relazione ad altri (Santo Padre, ecc.) è semplicemente un “relativo” e dipendente. Nessuno, quindi, ha mai inteso disobbedire alla legittima potestà di un padre fondatore; ma si è unicamente rivendicato il diritto a non essere “abortiti” dall’obbedienza alla Chiesa, al Papa, ecc., unica condizione ineludibile di permanenza nella cattolicità. Non mi risulta, ancora, che l’aborto (spirituale) rientri nei diritti possibili di un fondatore, se non quando egli abbia perso la “memoria” del carisma-dono ricevuto, e del valore di ogni vocazione.

4) Se il nostro anonimo firmatario fosse meno ripiegato su se stesso e più capace di un’analisi oggettiva, si accorgerebbe che la lotta in atto non è tra fratelli di una stessa famiglia religiosa, ma tra due idee di vita religiosa: una fedele alla regola di San Francesco e alla spiritualità kolbiana, con tutti i suoi approfondimenti che conducono al voto mariano, l’altra….. È interessante notare che i frati ritenuti fedeli alla Regola francescana e alla spiritualità kolbiana sono gli stessi che si sono rifiutati di obbedire alle disposizioni del Santo Padre e alla legittima autorità della Santa Sede; nonché al Commissario Apostolico, da essa nominato. È per me qualcosa d’incredibile dover spiegare l’ovvio, ma siamo in un contesto di tale mancanza di lucidità intellettuale che si resta sbigottiti dinanzi ad una tale cecità. Scusate: ma se io occupo una carica nel nostro Istituto come delegato per l’Italia, e la esercito in piena comunione con il Commissario Apostolico, che risponde direttamente alla Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata; che sono in contatto continuo con il Santo Padre, che sente personalmente, a volte, lo stesso Commissario Apostolico, il quale – Santo Padre – ci ha detto chiarissimamente quello che vuole da noi, in quell’incontro di circa un’ora e trenta minuti, e che noi stiamo cercando di realizzare: ma si può sapere cosa vogliono queste persone? Ma, soprattutto: in quale Chiesa vivono? Cap. 1 della Regola: “Frate Francesco promette obbedienza e reverenza al signor papa Onorio e ai suoi successori canonicamente eletti e alla Chiesa romana…”. Io il Papa non l’ho mai insultato, né denigrato; né ho mai insegnato ai laici la nuova teologia della fedeltà nella disobbedienza; né ho mai chiesto preghiere ai laici che vengono a confessarsi per la conversione del Papa; non ho mai detto neppure che sia un massone, e non mi sentirei molto tranquillo se, a difendermi, fossero solo, a turno, persone che negano che il Papa sia il Papa; oppure che lo riconoscano come Papa, negandogli però l’obbedienza anche nel legittimo; e, dulcis in fundo, da coloro che restano quotidianamente “turbati”, perché il Papa non si conforma ai loro parametri o aspettative, ecc. Si voleva, inoltre, portare l’Istituto a schierarsi apertamente contro il CVII, corrompendolo nella sua più intima natura di Istituto religioso cattolico, organizzando un nuovo convegno (dopo quello del dicembre 2010), dove il Vaticano II doveva essere attaccato direttamente. Si parlava, nell’Istituto, dei frati che avrebbero dovuto organizzare il convegno, senza fare però alcuna relazione, ma lasciando tutto il lavoro relazionale nelle “mani” di convenisti laici. Ricordo la grande preoccupazione di alcuni frati che conoscendo tali intenzioni, si chiedevano dove stesse andando l’Istituto, qualora continuasse a restare nelle “mani” di questi intemperanti. Cap. 2 della Regola: “Li ammonisco, però, e li esorto a non disprezzare e a non giudicare gli uomini che vedono vestiti di abiti molli e colorati”. Come ho fatto notare, in uno degli articoli precedenti, c’era chi s’inventava addirittura delle sconcezze morali da attribuire ai vescovi della Chiesa cattolica (Mons. Tonino Bello). Ci sono diversi episodi in cui si racconta come san Francesco incontra degli eretici che contestano la Chiesa e vogliono approfittare della sua venuta, portandolo di fronte al prete del paese che vive in concubinato e che è di scandalo, chiedendogli: “allora cosa bisogna fare con questo prete?” San Francesco gli va incontro e gli dice: “se tu sei peccatore io non lo so, ma so che le tue mani possono toccare il Verbo di Dio”, e si inginocchia a baciargliele. Loro per come sono strutturati moralmente, quel prete, l’avrebbero massacrato. E loro sono i veri francescani: gli “Unici”. Ma quello che più infastidiva, era lo stato di gossip perpetuo che si respirava nell’Istituto e soprattutto nel nostro Seminario, che rendeva molti dei nostri studenti delle “pettegole” arroganti e piene di sé – vista l’estrema facilità con la quale disubbidirono poi alla volontà del Santo Padre, Francesco. Il loro moralismo di matrice puritana, li rendeva una sorta di quaccheri vestiti dell’abito francescano che, come si è ben visto, agiscono per illuminazione interiore, prescindendo, di fatto, dal vincolo dell’obbedienza a qualsiasi autorità ecclesiastica, che non li confermi nella loro “in-coscienza soggettivistica”. È sufficiente leggere le “letterine”, scritte da alcuni di questi studenti, per comprenderne il soggettivismo soggiacente = 1) nessun riferimento all’Autorità legittima (come se essa non avesse manifestato la sua volontà; 2) credere che l’Istituto sia iniziato con loro, che sia sorto quasi miracolosamente dalla loro preghiera, come se si fosse trattato di una nuova creazione; è la solita palingenesi di matrice illuministica: prendi dei “mediocri” (in senso cattolico), li esalti al di sopra dei loro meriti e capacità effettive, e hai creato dei “cagnolini” che ti seguiranno ovunque, finanche se li porti alla distruzione e dissoluzione. 3) Una nozione di coscienza a-cattolica. Cap. 3 della Regola:Consiglio invece, ammonisco ed esorto i miei frati nel Signore Gesù Cristo che, quando vanno per il mondo, non litighino ed evitino le dispute di parole, e non giudichino gli altri; ma siano miti, pacifici e modesti, mansueti e umili, parlando onestamente con tutti, così come si conviene”. Hanno mosso “guerra” a un Concilio della Chiesa cattolica; non obbediscono al Papa e insultano i vescovi; litigano, disputano (disonestamente) e giudicano sprezzantemente tutti coloro che non intendono secondo il loro gusto; ma chi di calunnia ferisce, di verità perisce. Ancora un po’ di pazienza. Cap. 4 della Regola: “Comando fermamente a tutti i frati che in nessun modo ricevano denari o pecunia…. come conviene a servi di Dio e a seguaci della santissima povertà”.

Dopo il commissariamento siamo a venuti a conoscenza che le nostre Associazioni possedevano più di 60 beni tra alberghi, ville, appartamenti e terreni, per un valore di molti milioni di euro.

Una cosa spaventosa per un Istituto che si manifestava all’esterno come esempio di povertà francescana, vissuta nella sua totale radicalità, che criticava “ferocemente” (proprio nelle persone artefici di questo scandalo), gli altri Ordini religiosi, in ragione dell’accumulo dei beni, che contraddiceva la santa Povertà dei religiosi. Senza contare la liquidità di denaro, sparsa su svariati conti correnti bancari, che ammontava, purtroppo anche questa, a qualche milione di euro. Dopo il commissariamento, senza alcuna autorizzazione, questi beni sono passati nelle mani di alcuni laici – parenti e amici di P. Stefano Manelli – che, di fatto, moralmente, ne è divenuto l’unico proprietario, visto che questi laici, sono dei semplici prestanome, un puro nominalismo etico, perfettamente a lui obbedienti, che in nome della santissima povertà, ha spogliato l’Istituto dei “suoi” beni (che una volta restituiti ai frati saranno immediatamente venduti), per possederli moralmente, lui solo, facendone di fatto, quello che vuole. Oramai credo che sia nota a tutti l’indagine in corso da parte della magistratura italiana, insieme alla Guardia di Finanza.

Desidero porre al nostro Comitato delle semplici domande, così, per mia conoscenza e crescita personale:

1) è moralmente lecito scrivere lettere post datate per raggiungere dei fini, personalmente convenienti, ma immorali?

2) È lecito servirsi di notai compiacenti, per raggiungere questi fini?

3) È lecito produrre firme false, magari al posto di alcuni frati che sono membri di un’Associazione che possiede dei beni, al fine di estrometterli, senza che loro lo sappiano?

4) È morale che al posto di chi è stato, inconsapevolmente, estromesso da un’Associazione, subentrino, magari degli altri frati, che poi firmeranno per dare tutto agli amici dell’amico; che useranno di questi beni contro gli interessi dei legittimi proprietari?

Attendo risposta.

In attesa, un’altra domanda.

Come giustificate il conto corrente bancario posseduto nascostamente, da anni, da parte di P. Stefano, che contraddice formalmente la nostra Regola francescana e le Costituzioni dell’Istituto?

Nella riflessione filosofica c’è una regola che si chiama “principio di semplicità”, la quale, insegna, l’inutilità di moltiplicare gli enti senza una necessità. Padre Manelli, per fare tutto il bene possibile, aveva già a sua totale disposizione i conti correnti dell’Istituto: perché allora la necessità di un conto personale? Non sarebbe utile, anche per sanare in radice, qualsiasi dubbio – che sorge lecitamente – rendere pubblica la motivazione di quel conto corrente personale, la somma presente sul conto, ma soprattutto le operazioni bancarie fatte attraverso quel conto (chiaramente, cifre e destinatari).

Attendo risposta anche a queste domande; e sarebbe molto utile averle alacremente, poiché alcuni confratelli, anche loro, senza alcun permesso, sicuramente per difetto di emulazione, o spirito d’imitazione, hanno anche loro dei conti correnti personali: chiaramente nascosti. D’altronde, di questi tempi, non è facile la vita dei “veri frati”, quelli che voi conoscete, e che sono così fedeli alla Regola francescana.

E visto che siete così ben informati sulle vita e i “segreti” del nostro Istituto, se qualcuno del presente Comitato, è anche uno dei “prestanomi” delle nostre Associazioni, desidererei sfruttare questo mio momento “socratico”, per porgervi un’ulteriore domanda.

Vi sembra normale che si possano spendere, soldo più soldo meno, due milioni e mezzo di euro, per comprare un albergo di prima categoria, a Frigento, per farlo poi diventare un semplice convento di suore?

Potete farci sapere come sono stati ricuperati questi soldi?

Perché ho il serio dubbio che ci fossero pure quelli dei miei genitori – i quali, in questi anni, hanno dato all’Istituto qualche centinaio di migliaia di euro, che ora possedete voi – mi raccomando usateli bene!

E poiché ci sono pure i soldi dei miei genitori, potete rendere pubblica la modalità dei pagamenti, sperando che tutto sia in regola; perché è tutto in regola vero? Oppure avete delle cose da nascondere?

Fatemi/ci sapere, perché se non possiamo più fidarci neppure di voi, che siete addirittura il COMITATO DELL’IMMACOLATA, allora è proprio vero che non esiste più la speranza.

Su di una cosa, però, desidero rendervi edotti. Non è vero che le Associazioni siano state create per mantenere intatto nell’Istituto il voto di povertà, poiché si pensò di crearle, quando alcuni laici, ai quali erano stati intestati dei beni dell’Istituto, ci crearono una serie di problemi.

Si pensò, quindi, di ricorrere a questo artifizio legale (le Associazioni), per salvaguardare giuridicamente la povertà (ma alcuni frati e laici ritenevano il tutto immorale), pur avendo il controllo totale dei beni.

Non so se la cosa sia chiara? Povertà legale e controllo totale dei beni sono l’elemento formale dell’idea di fondo delle nostre Associazioni; tant’è vero, che nel dicembre del 2012, a pochi mesi dal commissariamento, fu creata una nuova Associazione con a capo solo dei religiosi; evidentemente non era ancora “scattato”, in qualcuno, quel desiderio di povertà assoluta. Cap. 6 della Regola: “I frati non si approprino di nulla, né casa, né luogo, né alcuna altra cosa”. Credo che abbiamo già risposto, con una certa dovizia di particolari, a questa esigenza della Regola francescana; è nostra intenzione, quando ritorneremo in possesso dei beni dell’Istituto, vendere immediatamente tutti quei beni che, di fatto, sono posseduti immoralmente, per lasciare poi tutto il resto sotto la potestà e il controllo della sola Santa Sede = della Chiesa cattolica.

Il resto sono solo chiacchere.

Restano ancora l’XI e XII capitolo della Regola, ma non intendo perderci troppo tempo, poiché c’è chi sta molto più in alto di me che se occupa già personalmente. Cap. XI della Regola: “Comando fermamente a tutti i frati […] di non entrare nei in monasteri di monache”. Purtroppo tutti sanno che Padre Stefano viveva più nei conventi delle suore che in quelli dei frati; entrava come se nulla fosse anche nei monasteri di clausura papale, quindi è inutile stare a discutere dell’ovvio: come dicevo sopra c’è chi se ne occupa e quindi …. Cap. XII della Regola: “[…] I ministri poi non concedano a nessuno il permesso di andarvi se non a quelli che ritengono idonei ad essere mandati”. Prescindendo dai frati che venivano mandati in missione per essere allontanati dall’Italia (bisognava occultarli soprattutto agli studenti, perché una volta conosciutili, nella loro rettitudine di veri uomini, non potevano più essere calunniati senza contradditorio), in modo da poter continuare, con più facilità, il processo di trasformazione dell’Istituto, messo a disposizione, quasi unilateralmente del vetus ordo, e dell’attacco al Concilio Vaticano II, non si può far finta di nulla, dell’inidoneità purtroppo totale di alcuni frati, che venivano mandati in missione, e fatti superiori senza averne la capacità, la preparazione e la maturità personale.

I disastri in terra di missione sono tanti e tali che non spetta a noi raccontarli in questo scritto, anche per rispetto verso quei frati, confratelli, ai quali è stato chiesto, troppo presto e molto di più, di quello che potevano effettivamente dare, con grande pericolo per la loro vocazione. Alcuni, purtroppo, l’hanno pure perduta malamente, con grande responsabilità di chi, imprudentemente, li ha mandati allo sbaraglio, solo come meri strumenti, di fini secondari. Anche dei filosofi non cattolici, sono arrivati a comprendere che l’uomo non può essere mai trattato come se fosse un mezzo, ma unicamente per quello che è: sempre un fine; evidentemente, per qualcuno, è pretendere troppo.

Finiamo qui questa prima parte di risposta a questo fantomatico Comitato dell’Immacolata che, evidentemente, non ha ben presente l’identità della Chiesa cattolica, come ci si comporti e si viva al suo interno, ma soprattutto, come ci si rapporti con le sue Autorità, e la Gerarchia che la costituisce.

È chiaro che il nostro Istituto deve guardare al futuro, deve mettersi rapidamente alle spalle, questa pessima esperienza, e deve farsi guidare con fede, speranza e umile obbedienza, da chi, solo, può restituirgli la sua vocazione originaria. È certamente utile, per la nostra crescita personale, leggere e riflettere sui contenuti del Comunicato del Capitolo Generale Straordinario dei Legionari di Cristo. Con tutti i dovuti e necessari distinguo, chiaramente, dobbiamo assimilare i punti dove si parla del ruolo del Fondatore e del carisma. Per esempio: “Nell’ambito della revisione del nostro carisma, il Delegato Pontificio ci ha guidato, in primo luogo, ad una comprensione adeguata del ruolo di P. Maciel in relazione alla Legione. La congregazione ha già chiarito che non può proporre P. Maciel come modello, né i suoi scritti personali come guida di vita spirituale. Riconosciamo la sua condizione di fondatore. Nonostante questo, una congregazione religiosa e i suoi tratti essenziali non hanno origine nella persona del fondatore; sono un dono di Dio che la Chiesa accoglie e approva e che poi, vive nell’istituto e nei suoi membri. Una comprensione inadeguata del concetto di fondatore, l’esaltazione eccessiva e la visione acritica della persona di P. Maciel, ci hanno condotti molte volte a dare un peso universale alle sue indicazioni e ad afferrarci troppo ad esse. Per questo, nella revisione delle attuali costituzioni, uno dei compiti principali è stato quello di separare ciò che realmente esprime il patrimonio carismatico della nostra congregazione da altri elementi accidentali. […] Costatiamo alcune tendenze che hanno offuscato la comprensione del nostro carisma, tra le altre, la mancanza di un maggior inserimento nella Chiesa locale […] e nel compimento di norme minuziose. Per ciò che concerne l’esercizio dell’autorità, l’accompagnamento del Delegato Pontificio è stata una lezione continua ed efficace per mettere in pratica tutto ciò che la Chiesa indica sul governo degli istituti di vita religiosa”.

Questa è solo una piccola parte del rapporto tra fondatore e carisma nel quale parleremo in abbondanza nel prossimo scritto. Mutuando alcuni termini dal linguaggio dell’analogia filosofica, risulta chiaro che, il principio sintetico che garantisce il rapporto d’identità tra il consacrato e la sua vocazione, ultimativamente, è dato unicamente dal carisma, custodito dalla Chiesa e dalle sue legittime autorità, alle quali ogni fondatore deve rimettersi (sontuoso è l’esempio di sant’Alfonso Maria de Liguori), per essere custodito, a sua volta, nella vocazione: pena una rovinosa caduta.

Questa è dottrina cattolica; il resto lo lasciamo alle vanità del Comitato dell’…. ?

fine prima parte.